mercoledì 14 giugno 2023

Arnold Schwarzenegger per la prima volta in streaming si prende in giro in Fubar, otto episodi al Cia...nuro

di Roberto Silvestri
Luke Brunner (Arnold Schwarzenegger), prima della pensione, fa 2 missioni per la Cia. Dopo un blitz cruento ad Anversa per sgominare un traffico di diamanti è in Guyana per salvare un collega in pericolo e strappare dalle grinfie del boss Boro (Gabriel Luna) un' atomica portatile (e pericolosamente in vendita). Luke ama più il lavoro della famiglia (però se la moglie vuol divorziare, lui vuole riconquistarla) e poi Boro, a cui ha ucciso il padre trafficante d'armi, ma gli ha pagato gli studi per evitare, senza successo, che ne seguisse l'esempio. Sarebbe un thriller come gli altri se Luke non contasse su tecnologie futuriste e collaboratori (il suo capo è un giovane african-american) le cui veloci battute esigono super-prontezza di spirito. E se la spia nei guai, che Luke ritrova mentre gonfia di pugni un malcapitato nella giungla, non fosse sua figlia Emma (Monica Barbaro, italo-californiana), che credeva una pacifica vestale del volontariato. Anche Emma è stupefatta: “Ah! Ecco perché sparivi sempre da casa”! Gli scontri edipici che seguono danno ritmo a un “concept” ritrito ma regalano al copione acrobazie sorprendenti e non le variazioni a 360° sul carattere e sull'etica dei personaggi. Per il compleanno di Eastwood, 93 anni, Schwarzenegger gli ha scritto: “sei il mio mentore, ho sempre cercato di imitarti!”. Meno come regista (Eroe per famiglie, 1992, non è memorabile) più attore-reattore e come repubblicano anticonformista, quando era governatore della California (su armi, ambiente e diritti civili). E così, dopo due Terminator inerziali, a 76 anni, l'attore austro-americano più palestrato del mondo, icona della new Hollywood (esordì con Bob Raphelson), scodella 8 buffi episodi di Fubar (“Fucked Up Beyond All Recognition”), serie ideata da Nick Santora, prima sua fiction di “gran fondo”, regalandoci campionature da True Lies, e ripetuti omaggi obliqui a Clint: il ri-matrimonio (Gunny), fenomenologia di una spia in pensione (Assassinio sull'Eiger), identificazione con il nemico e i sensi di colpa del padre per la figlia trascurata (Potere assoluto, e quasi tutti). Invece l'atroce, violentissima sequenza di esecuzione “pasoliniana”, quando passa e ripassa mentre parla d'altro, con un fuori strada, distrattamente, sul corpo esanime di un nemico ispanico ricorda piuttosto John Huston di Lettera al Cremlino, l'unico film capace di equiparare Kgb con la Cia, per metodi e etica.