Il
film esce nelle sale italiane il primo maggio
Mariuccia
Ciotta
L'”influenza
canina” ha influenzato Wes Anderson, a sua volta ispirato da Akira
Kurosowa per il suo L'isola dei cani, film d'animazione in
stop-motion, il secondo dopo Fantastic Mr.Fox (2009), questa
volta ambientato in Giappone. Orso d'argento per la regia alla
Berlinale, Isle of Dogs, scritto, diretto, prodotto da
Anderson, è una composizione fulminante di segni, un ritratto
d'inchiostro di china accompagnato da multi-sonorità che
moltiplicano le immagini, a partire dalle voci. Nella versione
originale, i cani parlano un inglese forbito grazie ad attori che non
temono il facile joke, Bill Murray, Jeff Goldblum, Edward Norton,
Scarlett Johansson, Tilda Swinton e Yoko Ono. Mentre Spots, il peloso
protagonista, ha il timbro vocale di Liev Schreiber. Eccezione
linguistica, l'attore e traduttore Kunichi Nomura, proveniente dal
coppoliano Lost in translation e
tra gli autori del soggetto, insieme a Roman Coppola.
Formalmente
minimalista, è un'opera shakespeariana (Kurosawa insegna) e insieme
un dramma politico, violento contro armi atomiche e tirannia Giap e
Usa (il film è Pg -13 negli States). Contro l'utilizzo di
soldati-robot, qui a quattro zampe, metallici guerrieri dagli occhi
rotanti che ricordano la muta bestiale dai collari parlanti di Up
(Pixar-Disney) agli
ordini di un ex nazista. La “fiaba” comprende un assassinio di
stato, la morte per avvelenamento del leader del Partito della
Scienza ideatore dell'antidoto all'epidemia canina, e un piano di
soluzione finale a base di bombe atomiche. La cronaca a cartoni
animati.
Il
film è tempestato di piccole, pungenti, disperate avventure, set la
Trash Island, un'isola-discarica dove finiscono tutti i “migliori
amici dell'uomo” accusati di diffondere un virus letale,
segretamente creato in laboratorio per eliminare la specie e
smerciare i cani automi. Pulizia etnica. I fotogrammi si
inseguono come tavole a fumetti, i cani diritti e impettiti, lontani
da Megasaki City, governata da un tiranno amante dei gatti. Siamo in
un 2037 molto attuale. Derelitti e criminalizzati, lasciati marcire
senza cibo e senza cure, gli espulsi frugano nella spazzatura come i
bambini delle periferie del mondo. C'è un cane nero, fiero di essere
un vagabondo, disubbidiente agli umani - “io mordo” - e che si
scoprirà biondo dopo un buon bagno schiuma, e c'è Spots, il suo
ignaro fratello, fedele “guardia del corpo” di Atari Kobayashi,
dodicenne pupillo del cattivo governatore, deciso a salvarlo. A bordo
di un aeroplano di latta chiamato Junior-Turboprop, Atari si
catapulterà sull'isola off-limits. Avrà difficoltà di
comunicazione con il branco. Non parla il canino? No, il piccolo
samurai non parla inglese. E, da stranieri, bambino e animali si
scambieranno emozioni e informazioni per la rivoluzione di Megasaki
City.
Il
viaggio in fila indiana di Atari e cani alla ricerca di Spots
attraversa il film e l'isola, una processione di strambi personaggi
alla Buster Keaton, lunari e imperterriti. Il ragazzino ha un ferro
conficcato in testa, conseguenza della caduta dall'aereo, impartisce
ordini in giapponese e tira fuori dalla sua tuta argentea oggetti di
ogni tipo, alla maniera di Harpo Marx. Ma le gag sorridenti
finiranno tra inseguimenti, scontri a fuoco, morti e l'assalto al
palazzo d'inverno, là dove risiedono i malefici sterminatori di
cani, i Ronin, samurai senza padrone, randagi ribelli.
Wes
Anderson ritorna nell'incanto di New Penzance, l'isola di Moonrise
Kingdom, in fuga dietro una coppia anomala come quella di Atari e
Spots, contrastata dagli adulti, poetica e imbambolata. E lo fa con
il suo gusto per l'irragionevole e il bizzarro, aiutato
dall'animazione a passo uno che dà un effetto inverso all'andamento
fluido del film digitale. Anderson vuole i suoi personaggi
bidimensionali, rigidi e “burattini” il più possibile, al
contrario dei protagonisti di La sposa cadavere di Tim Burton,
frutto di tecniche ultra-sofisticate applicate al vecchio metodo
della stop-motion (pupazzi fotografati a ogni posa). I cani si
muovono invece in uno spazio vuoto, definito da movimenti a scatti
comico-disturbanti, secondo la tradizione ceca di Jan Svankmajer.
Narrazione
ellittica, primi piani e piani sequenza, Isle of Dogs si
discosta dal tocco dark di Nightmare Before Christmas firmato
da Henry Selick, che Anderson avrebbe voluto per Fantastic Mister
Fox, ma lo scrittore-regista preferì dirigere Coraline e la
porta magica, prodotto dalla Laika di Travis Knight,
specializzata nel cinema frame by frame. Meglio così. L'isola dei
cani è un film d'animazione speciale che risucchia lo spirito
dell'innocenza resistente al cinismo e lo infonde nei corpi senza
organi, lontani dall'antropomorfismo disneyano, eppure in trasparenza
sovrapponibili agli umani, un po' come Pinocchio.
Pubblicato
da Alfabeta 2.