domenica 4 settembre 2022

Mostra di Venezia 90. Wiseman e Schrader. Di Mariuccia Ciotta

Schermi incrociati per le vie del Lido e ritorno al cinema della sacralità. Niente format seriale. Frederick Wiseman e Paul Schrader si incontrano in un giardino del secolo scorso. Un couple (concorso) e Master Gardener (fuori concorso). L'immagine si congela nella visione trascendentale. Wiseman (92 anni) segue le tracce di de Oliveira, al lavoro fino al traguardo di 106 anni, e non solo per una questione d'età. La sua Sofia/Sonja Andrèevna assomiglia alle portoghesi Benilde e Francisca, nascoste sotto abiti sontuosi, testimoni rivolte alla macchina da presa per confessare molti segreti e rivelarsi all'origine dell'arte maschile. Lei, Sonja (Nathalie Boutefeu) parla (in francese) di Lev Tolstoj, ed è già un suo personaggio, corpo reale per le pagine di Sonata a Kreutzer. Sospetti, gelosia, indifferenza, omicidio. Nell'isola bretone di Belle-Ile, alberi, cespugli e fiori sono animati da vita propria. Le corolle si agitano e non solo a causa del vento, approvano o contestano le parole di Sonja che vaga nel giardino di La Boulaye, e recita, straniata, le lettere inviate al marito, ogni giorno per 48 anni di matrimonio e 13 figli. La mattina Leo è amoroso, la sera è spietato. Un giorno la ama, e poi la caccia via infastidito. Il giardino reagisce e commenta, come in un film parallelo dell'autore di National Gallery. Primi piani dei petali frementi, osservatori del monologo, quasi la platea dei consiglieri comunali di Monrovia. Wiseman non li alterna alla recita per sottolinearne l'emotività, ma scandaglia la fioritura e la interroga. Forse Sonja non è una vittima, ma una scrittrice alle prese con un provino, ricordando Straub/Huillet, privati, però, di concentrazione e di austerità. Wiseman ride, si capisce, dietro le spalle di Sonja. Sta dalla parte del giardino e dei suoi colori che elargiscono vita, collane preziose dipinte di azzurro e rosa pastello. Ed eccoli tornare, apparizione disneyana e da paradiso anti-calvinista, i fiori, nella sequenza fiabesca di Paul Schrader che, come Wiseman, abbandona la storia del giardiniere ex primatista bianco, svastiche tatuate sulla schiena, ora pentito, ma succube della ricca signora sudista Norma Haverhill (Sigourney Weaver) che in un'altra vita sarà stata Rossella O'Hara, schiavi compresi. Joel Edgerton è Narvel Roth, il master gardener della grande tenuta di Graceland, sotto osservazione poliziesca (è stato testimone di giustizia) e morale (e sessuale) della padrona del giardino, pronto al concorso del più bello della zona. La signora, che diffida della nipote mulatta, possiede una Luger e la punta contro l'ex nazista in una inversione delle parti. Chi è più bianco? Gelido lo schermo, come sempre, tutto deve stare al suo posto secondo linee geometriche, seguendo le aiuole fiorite, moralmente squadrate, in continuità con Il collezionista di carte. All'improvviso, però, Schrader passa dal giardino all'italiana (e non alla francese, errore del copione?), ordinato e armonioso, all'allucinazione fantasmagorica, al giardino selvaggio in stile inglese. La vegetazione invade la strada sotto l'auto dell'ex white power innamorato della ragazzina african-american, il miracolo sparge fiori sui margini della carreggiata e poi, in un'esplosione di corolle multicolori, la notte si illumina e stende un tappeto di margherite e orchidee al passaggio della coppia. Contatto con Un couple. Deviazione dall'ordine delle cose e del proprio stesso cinema. Liberazione urlata dalla strana coppia che guida in un altro film, fuori dal perimetro narrativo, allo stesso modo di Wiseman.

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