mercoledì 23 settembre 2015

Heart of a Dog, viaggio tra le nuvole con Laurie Anderson


Mariuccia Ciotta



Artista totale, Laurie Anderson disegna lo schermo con musica, poesie, “frasi celebri”, ritagli di sogni, il ricordo dell'amato Lou Reed, appena inquadrato ma presente, in Heart of a Dog (concorso), che guida il viaggio nell'aldiqua insieme allo spirito di David Foster Wallace, “Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi”.

Icona dell'avanguardia americana, ha incrociato la strada di Burroughs e di Wenders, di Brian Eno e di Glass, è salita in cima alla classifica con O Superman, ha esposto le sue opere e se stessa, e a quasi trent'anni dal concert film Home of the Brave firma la regia di questa opera prismatica in viaggio ai confini di vita e morte, in compagnia non solo di Wittgenstein e di Kiekegaard, ma soprattutto di Lolabelle, la sua cagnetta, un alter ego speciale visto che ha imparato a suonare il piano, a dipingere e a plasmare sandali di ceramica per amici a quattro zampe.

La macchina da presa striscia ad altezza di muso ansimante o guarda in su verso i rapaci che mimano l'attacco alle Twin Towers e si avventano su Lolabelle, doppio del cane senziente di Godard. Adieu au langage. E al linguaggio è interessata Laurie Anderson, che ama soprattutto raccontare storie e lo fa con materiali solidi e vaporosi, fotografie di sua madre, rapporto difficile, e dei fratellini gemelli scampati per un soffio al gorgo di un lago ghiacciato dove la giovane pestifera Laurie li sprofondò con tutta la carrozzella, per sbaglio, ma sempre per la voglia di “mettersi in mostra”. Desiderio esibizionista che confessa quando racconta di come si spezzò la spina dorsale cadendo sul bordo della piscina nel tentativo di esibirsi in un tuffo acrobatico.

Il viaggio di 75 minuti è pieno di digressioni sulla via tracciata dal suo cane, che capisce 500 parole, ed è in collegamento con un'altra dimensione, virata sui toni del blu, la zona dopo la morte chiamata dai monaci tibetani il Bardo, 49 giorni di attesa prima che l'anima come la neve dell'infanzia si sciolga. L'anima di Lolabelle va in ricognizione, la fede buddista di Laurie è assoluta, per comunicare al suo alias umano le forme e i colori del paradiso, là dove Lou si è disteso su un prato tutto d'oro, un quadro di Goya, il preferito, che trova il suo punctum nella testa di un cagnolino curioso.

Delirio onirico, è come precipitare nella tela dei pensieri di Laurie Anderson, voce vibrante e violino, qualcosa di umoristico e divino, un film (presentato il 9 settembre alla Mostra di Venezia) che piacerà al presidente della giuria Alfonso Cuaròn, non lontano da lei, nello spazio sconfinato di Gravity.

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