Roberto Silvestri
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J'accuse di Roman Polanski, gran premio della giuria |
L'ufficiale di artiglieria franco-ebreo
Dreyfus, alla fine del film di Polanski J'accuse, davanti al
nuovo primo ministro Georges Picquart che, difendendolo - nonostante
un antisemitismo mai celato - ha fatto la più brillante delle
carriere politiche, liberandosi uno dopo l'altro dei suoi spergiuri
rivali, e non meno conservatori di lui, gli ribadisce che la
liberazione dal carcere non basta a risarcirlo dei danni inferti dai
generali clericali alla sua carriera militare... Ma Picquart non
muove un muscolo. Che si accontenti, l'ebreuccio. Lo stesso
atteggiamento della giuria che con sei voti su sette ha premiato con
il Leone d'oro un mediocre Joker, tutto
un montaggio di scene madri simil main street e interpretato da
un Joaquim Phoenix lasciato libero di esibire tutti i suoi super
poteri recitativi, immensi, ma come se si trattasse del booking di un
principiante. L'ubriaco, il drogato, il pazzo scatenato, il celebro leso.... su questo
terreno Franco Maresco è un dio. E allora? Solo un premietto?
Il finale del film di Polaski è
agghiacciante, molto polemico e disperato, altro che l' happy end
frainteso dal recensore-stroncatore di Variety, Owen
Gleiberman, in una delle ricensioni che un tempo gli sarebbero
costata il posto (perché è politica, ideologica, moralista...). Per
Variety infatti è
importante giudicare solo il potenziale di mercato di un film e
spiegarne la presumibile gittata (ha ambizioni da blockbuster? È
limitato al circuito d'essai? E solo per i festival d'arte? Giro
grosso, giro marginale, mercati europei, università, gallerie
d'arte? etc...). E scrivere sprezzantemente, come fa Gleiberman, che
si tratta di un “wikipedia-movie” prché lui separa l'uomo
dall'opera ed è l'opera una oscenità, non vuol dire nulla. Ci sono
voci su wikipedia che potrebbero essere sceneggiature perfette
(vedi quella dedicata a Aldo Braibanti).
Sembra proprio, quella scena finale, il
commento finale ai premi della settantaseiesima edizione di un
festival d'arte cinematografica che tra le sue vittime non conta
soltanto Cristiana Paternò e Teresa Cavina, finite sulla sedia a
rotelle per incidenti al Lido, in bici e a piedi, ma anche Roman
Polanski che non ha vinto un meritato Leone d'oro o Mario Martone il
cui lavoro su Edoardo meritava qualche riconoscimento. O Adam Driver.
O la sceneggiatura di Baumbach o Soderbergh (giustamente Yonfan ha
ironizzato per il suo premio solo obliquamente azzeccato). Il gran
premio della giuria a J'accuse (assegnato di solito
personalmente proprio dal presidente della giuria) sta a
dimostrare che il pregiudizio di Lucrecia Martel rispetto a Polanski
non è cambiato nei giorni della Mostra. Ma per mettere fine a ogni
polemica sul suo frainteso (assicura lei) intervento di apertura alla
Mostra, ecco arrivare un riconoscimento consolatorio. Strano. Martel
è una regista eccellente, sperimentale e coraggiosa. Strano che non
capisca che Polanski sia proprio tra gli iniziatori, nel 1969, del
movimento “me too”, quando un femminicidio lo ha dolorosamente
colpito, quello della moglie, e quando i media bigotti del mondo
cominciarono a torturarlo indicandolo come il responsabile morale
dell'omicidio Sharon Tate perché il suo 'satanismo' esplicito (in
'Rosmary's Baby') aveva sconvolto le menti oneste dei bravi ragazzi
americani che ne erano usciti traumatizzati (un po' come gli italiani
di fronte alla scena del burro di Ultimo tango a Parigi?). La
persecuzione contro i due registi sessantottini doc cominciò allora.
Prima del caso Geimer.
Intanto la stampa anglosassone (e
italiana) continua il martellamento: “fugitive, disgraced,
convincted rapist Polanski wins a prize”... e da noi si continua a
usare la parola “stupro” per delocalizzarla e deviarla dai casi
davvero inquietanti, seriali e frutto di uso distorto del potere
(Weinstein, il presidente Trump, i mille casi di violenze sessuali
domestiche...), proprio mentre Samantha Geimer, che fu la
coprotagonista di quella controversa avventura sessuale, perseguitata
dal tribunale di Los Angeles con ostinata e inquietante
determinazione, per il reato di “corruzione di minorenne”, o
“atti illeciti quasi tutti consenzienti su minore”, continua
a prendere le distanze dalla campagna di linciaggio contro il
cineasta franco-polacco di 83 anni e twitta: “Per
quelli che mi insultano e mi usano, che twittano sul mio “statutory
rape” prescritto dalla legge come se fosse porno, eccitati dall’uso
di parole volgari. Congratulazioni a Roman. Mi dispiace per entrambi
che il livello di corruzione del tribunale di Los Angeles sembri non
finire mai». Dunque sostegno sincero, al regista polacco.
Interessante questo accenno alla corruzione del tribunale di Los
Angeles. Si tratta proprio di un affare interno a Hollywood. Polanski
deve aver sconvolto nel profondo l'immaginario del cinema se la
persecuzione continua così implacabilmente. Ci sono molti tipi di
crimini sessuali e il nostro semplificare nella traduzione “statutory
rape” con “stupro” dimostra come le fake new nascono per
ignoranza e poi si diffondono implacabilente e involontariamente.
Secondo la legge della California con “statutory rape” si intende
che un adulto non può avere rapporti sessuali, anche se
consenzienti, con un minore. Non solo. Un minore non può avere
rapporti sessuali con un minore. E' lo stesso reato. Dunque non si
dovrebbe banalizzare né equivocare. Non stupro, Ma statutory
rape.
Tra
i premi “minori” assegnati dalle giurie delle sezioni Orizzonti e
delle Giornate degli autori, ricordiamo l'impressionante film
guatemalteco La
Llorona
di Jayro Bustamante (che in questi giorni è a Toronto), sui morti viventi romeriani vendicatori del
generale-dittatore Efrain Rios Mont per i massacri pianificati negli
anni ottanta, anche contro la popolazione civile, donne vecchi e
bambini. Il dittatore agì per ordine di Reagan e perché andava
fermata la guerriglia comunista che si era rafforzata tra le
popolazioni più povere, i maya, ma la repressione si trasformò a
poco a poco in un genocidio terrificante (molto documentarismo
indipendente statunitense raccontò “in diretta” anche quei
crimini contro l'umanità, oltre a quelli perpetuati in Nicaragua e
San Salvador, Honduras e Panama, e il presidente Clinton è stato
costretto a chiedere scusa formalmente per quegli orrori nazisti ai
concittadini di Asturias e Riboberta Manchu'). Il generale Rios Montt
fu condannato solo nel 2013 e dopo un processo nel quale centinaia di
testimoni raccontarono le orribili pratiche di tortura e sterminio
contro gli inermi contadini e le loro famiglie. Ma la corte suprema
del paese annullò pochi gironi dopo la condanna suscitando proteste
di piazza furiose, Il dittatore morì l'anno seguente a casa sua.
Bustamante immagina, tra Roma di Cuaron e Zombi due di Fulci, gli spettrogrammi di Amenabar e i docuemntari sulle madri di plaza de majo, che siano stati proprio i fantasmi vendicatori
delle leggende sudamericane ad avere perseguitato negli ultimi mesi
di vita il generale (che nel film si chiama Enrique Monteverde) e sua
moglie, e in particolare una giovane tata Alma, incarnazione del
fantasma La Llorona, che nella leggendaè uno spettro acquaceo che
produce suoni terrificanti e terrorizza i viva risvegliando i morti.
E' lei che entra nei sogni e negli incubi della abietta coppia di
tiranni venduti allo straniero e, mentre il popolo circonda la villa
maledetta proprio come fosse quella di Dracula, con interminabili
urla grida slogan suoni e musica (il ritmo è da Art Ensemble of
Chicago, molto free jazz) nessun guatemalteco onesto si sporcherà le
mani per fare giustizia. Gli spettri sanno sempre come risolvere le
grandi questioni aperte della storia con tecnica marxista. Sono le
contraddizioni interne alla borghesia che la condurranno a morte
certa.
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Sole di Carlo Sironi |
Sono
state premiate anche due opere prime italiane interessanti e fuori
schema, presentate in sezioni minori della Mostra, Nevia e Sole. Il
primo diretto da Nunzia De Stefano e il secondo dal figlio di Alberto
Sironi,Carlo. Periferia di Napoli, il primo, ma inedita: quella dei
container e dei prefabbricati che sono ancora lì, decenni dopo il
terremoto, a umiliare l'esistenza dei proletari e sottoproletari che
hanno più difficoltà a campare senza delinquere. Una ragazza
potrebbe svoltare con l'aiuto di un piccolo boss che la ama non
riamato. Lei preferisce gli ippopotami e i clown di un piccolo circo
di provincia, come se fosse in un film di Maria Luisa Bemberg, anche
se non c'è il Marcello Mastroianni a portarla via con se'.... E il
secondo ha per set una località di mare fuori stagione qualunque,
dove Ermanno giovane, no future, malato di videopoker deve fare da
guardia per soldi a Lena, una ragazza polacca che, anche lei solo per
soldi partorirà un figlio, lo lascerà a una famiglia danarosa e se
ne tornerà poi a casa. Questi i paesaggi di un' Italia socialmente e
moralmente trascurata o non rappresentata, che i cineasti raccontano
con delicatezza, pudore, compassione, indignazione ma anche tifo,
perché entrambi creano linee di fuga, speranza, ipotesi di
contropiano esistenziale. Insomma i due cineasti si rifiutano di fare
spettacolo compiacendosi della degradazione genralizzata che tanto è
di moda. Non si tratta di contrapporre eroi ai malvagi. E neppure di
isolare i meno cinici e dargli luce propria. Ma di registrare un
rifiuto dello standard televisivo, del format prefabbricato (di
prefabbricati ne abbiamo abbastanza a Napoli e nelle Marche,
nell'Umbria e negli Abuzzi), del sistema emozionale consentito.
In questi film i fuck you arrivano sempre al posto giusto, non al
posto obbligato.
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Nevia di Nunzia De Stefano |
TIFF 2019
Intanto è iniziato Toronti, il Tiff. E scrutiamo tra i film che non erano a Venezia alcune primizie interessanti. Ford vs. Ferrari di James Mangold, sulla rivalità delle due case a Le Mains 1966 in occasione delle 24 ore. Harriet della cineasta african-american Kasi Lemmons un biopic antischiavista su una grande rivoluzionaria nera, Harriet Tubman, e la regista è quella di La Baia di Eva. Il cartoon "Radioactive" di Marjane Satrapi, l'iraniana esule (che chiuderà il festival).Il film d'apertura è stato il documentario su un mitico rocker canadese: "Once Were Brothers: Robbie Robertson and The Band"di Daniel Roher. Dall'Australia un ennesimo film sulla mitica gang aussie (anche Mick Jagger ne ha interpretato uno): True Histeory of the Kelly Gang di Justin Kurzel. Bruce Springsteen e Thom Zimmy dirigono "Western Stars", sulkl'ultimo album. Sukllo scontro tra Francesco e Ratzinger si concentra il curioso "The Two Popes" del brasiliano Fernando Meirelles mentre Alejandro Amenabar firma il suo nuovo "While At War" sulla guerra civile spagnola.
Effetto Domino di Alessandro Rosssetto
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Mirko Artuso e Diego Ribon in "Effetto Domino" |
Mentre è uscito nelle sale, con uso di sottotitoli italiani, il nuovo film, un thriller finanziario fuori schema e degenere, o meglio una acuta analisi sulla nuda vita nel Nordest, già raccontataci in documentari e sei anni fa in "Piccola patria" (sezione Orizzonti di Venezia 70) da uno specialista dell'area, il cineasta padovano Alessandro Rossetto.
"Efffetto Domino" è tratto dal romanzo di Romolo Bugaro del 2015; è sceneggiato senza sbavature né orpelli dal regista con Caterina Serra; ha un sontuoso accompagnamento vocale e strumentale depistante affidato per lo più all'Antonio Vivaldi meno abusato, come una montagna di bellezza barocca gettata contro il panorama umano più piatto di sentimenti e emozioni che non siano bancarie mai congegnato (varesotto a parte); luci da noir all'aria aperta di Daniel Mazza solo timidamente attratte dall'effetto grottesco e dal capriccio compiaciuto e un ritmo audiovisivo sincopato e delocalizzante di Jacopo Quadri, cui è affidato il compito di suggerire ciò che non si vede ma che opera nell'ombra.
Effetto Dominio è stato presentato alla Mostra 76 nella sezione più adatta, Sconfini. Si avvale di un cast affilato, affiatato e per lo più di lingua madre (la furia compressa di Maria Roveran e Roberta Da Soller erano già in moto nell'opera prima, assieme alla glaciale inquietudine di Lucia Mascino) che comprende Marco Paolini (il faccendiere global Vokler), Vitaliano Trevisan (il prete, c'è sempre il prete nel nordest) e i due protagonisti di questa storia di imprenditori creativi. Il geometra scapolo Gianni Colombo (Mirko Artuso) e il piccolo impresario edile venuto dal basso, Rampazzo (Diego Ribon), amato-odiato da una moglie e due figlie per il suo inguaribile istinto patriarcale. Il loro high concept è acquistare orrendi alberghi cementosi e "modernisti" anni 60 dismessi, buttarli giù e trasformarli, ottenuti con ogni mezzo necessario i regolari permessi, in un paradiso abitativo per anziani di ogni classe sociale, strappandoli dalle allucinanti case di riposo nelle quali sono abbandonati, trasportandoli in un clima da eterna giovinezza alla "Cocoon" e rendendoli per una volta nella vita illusi di essere padroni del mondo e non a un passo dalla bara. Il pool internazionale di banche e di ditte che necessariamente vengono coinvolti in un progetto così ambizioso di ridefinizione del paesaggio padano si scontra con i piccoli grandi ostacoli burocratici che le amministrazioni pubbliche risolvono nei modi poco trasparenti che conosciamo e permettono al grande giro di impadronirsi in ogni momento del piccolo geniale intruso. Basta un blocco del credito bancario e...E' quel che succede alla coppia di amici, uno dei quali sarà a sua volta corrotto dopo l'ingresso di speculatori cinesi venuti da Hong Kong che daranno però al progetto un finish poetico perfetto, il simbolo grafico dell'eternità: quella famosa medusa che più passa il tempo e più diventa giovane. Senza cultura diffusa e aggiornata, capace di reggere le grandi insidie della crisi globale (è in quel momento del ciclo che i pesci grossi hanno sprigionato storicamente il loro 'dovere' capitalistico di mangiare i pesci piccoli e medi) e senza desideri più complessi del solo profitto celibe (una serie di proverbi cinesi di grande effetto emotivo, concentrate sulla centralità del cuore servono a ricordarci che la Cina non è solo paese dallo sviluppo economico devastante ma dalle tradizioni culturali millenarie profonde e paradossalmente non aggressive e imperialiste come le nostre) le aziende familiari, che ha negli anni 90 hanno rappresentato un modello di crescita invidiato nel mondo, sono destinate a morire. Anzi a suicidarsi. Questo sembra dirci Effetto Domino.
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foto di Jitka Hanzalova |
In sovrimpressione però con questo proclama da film civile lineare alla Francesco Rosi, Alessandro Rossetto apre nella sua opera sentieri secondari e interrotti e più misteriosi ancora della finanza, quel che resta di indicibile una volta fatto l'inventario di ciò che è riconoscibile. La parabola di Rampazzo più che per l'utopia frustrata del palazzinaro da "Mani sulla provincia" o per la pena che provoca la sua caduta nell'abisso, ci interessa perché è lui il solo personaggio capace di raccontare. "I potenti non sono capaci di raccontare: vantarsi è l'opposto del raccontare", scriveva John Berger in "Abbi cara ogni cosa".. Rampazzo ha ancora le mani callose dell'operaio edile. E' un Martin Eden che rifiuta l'individualismo borghese e un'idea del tempo connessa al positivismo, alla costrizione lineare del capitalismo moderno. Cerca invece il Weg, il sentiero dei taglialegna nella foresta, per arrivare alla atemporalità, alla "vicinanza della distanza" che è il mistero della foresta (non a caso, vediamo in Amazzonia oggetto di particolare aggressione sadica). Per lui costruire non significa edificare muri, ma riformare foreste. E' l'attività dei ricchi costruire muri: muri di cemento a sorveglianza elettronica, sbarramenti di missili, campi minati, controlli di frontiera... Rampazzo vuole abbattere la morte, creare venti, driadi, costruire un regno a parte, un "reame" a sé. Per questo ci ricorda che l'uomo ha due scale temporali: quella biologica del corpo e quella della coscienza. Forse è quest'ultima a dargli il sesto senso. Il film di Rossetto, anche se non fotografa mai foreste, però sfiora spesso alberi sorpavvissuti a boschi distrutti, è come se fosse una fotografia misteriosa della foresta di Jitka Hanzalova.
La Giuria di Venezia 76,
presieduta da Lucrecia Martel e composta da Stacy
Martin, Mary Harron, Piers Handling, Rodrigo Prieto,
Shinya Tsukamoto, Paolo Virzì, dopo aver visionato tutti i
21 film in concorso, ha deciso di assegnare i seguenti premi:
LEONE D’ORO per il miglior film a:
JOKER
di
Todd Phillips (USA)
LEONE D’ARGENTO - GRAN PREMIO DELLA
GIURIA a:
J’ACCUSE
di Roman Polanski
(Francia, Italia)
LEONE D’ARGENTO - PREMIO PER LA MIGLIORE REGIA a:
Roy
Andersson
per il film
OM DET OÄNDLIGA (ABOUT
ENDLESSNESS) (Svezia, Germania, Norvegia)
COPPA VOLPI
per la migliore
interpretazione femminile a:
Ariane
Ascaride
nel film
GLORIA MUNDI di
Robert Guédiguian (Francia, Italia)
COPPA VOLPI
per la migliore
interpretazione maschile a:
Luca
Marinelli
nel film
MARTIN EDEN di
Pietro Marcello (Italia, Francia)
PREMIO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a:
Yonfan
per
il film
JI yuan tai qi hao (no.7 cherry lane) di
Yonfan (Hong Kong SAR, Cina)
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a:
LA
MAFIA NON È PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA
di Franco Maresco
(Italia)
PREMIO MARCELLO MASTROIANNI
a un
giovane attore o attrice emergente a:
Toby
Wallace
nel film
BABYTEETH di Shannon
Murphy (Australia)
ORIZZONTI
La Giuria Orizzonti della 76. Mostra Internazionale d'Arte
Cinematografica, presieduta da
Susanna Nicchiarelli e
composta da
Eva Sangiorgi,
Álvaro
Brechner, Mark Adams, Rachid Bouchareb, dopo aver visionato
i 19 lungometraggi e i 13 cortometraggi in concorso, assegna:
il
PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR
FILM a:
ATLANTIS
di Valentyn Vasyanovych
(Ucraina)
il
PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE REGIA a:
Théo
Court
per il film
BLANCO EN BLANCO (Spagna,
Cile, Francia, Germania)
il
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA
ORIZZONTI a:
VERDICT
di Raymund Ribay
Gutierrez (Filippine)
il
PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE
FEMMINILE a:
Marta Nieto
nel
film
Madre di Rodrigo Sorogoyen (Spagna, Francia)
il
PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIOR INTERPRETAZIONE
MASCHILE a:
Sami Bouajila
nel
film
BIK ENEICH – UN FILS di Mehdi M. Barsaoui
(Tunisia, Francia, Libano, Qatar)
il
PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIOR
SCENEGGIATURA a:
Jessica Palud, Philippe
Lioret, Diastème
per il film
REVENIR di
Jessica Palud (Francia)
il
PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR
CORTOMETRAGGIO a:
DARLING
di Saim Sadiq
(Pakistan, USA)
il
VENICE SHORT FILM NOMINATION FOR THE EUROPEAN
FILM AWARDS 2019 a:
CÃES QUE LADRAM AOS
PÁSSAROS (DOGS BARKING AT BIRDS)
di Leonor Teles
(Portogallo)
VENEZIA CLASSICI
La Giuria presieduta da
Costanza Quatriglio e
composta da 22 studenti - indicati dai docenti - dei corsi di cinema
delle università italiane, dei DAMS e della veneziana Ca’ Foscari,
ha deciso di assegnare i seguenti premi:
il
PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR
DOCUMENTARIO SUL CINEMA a:
BABENCO – ALGUÉM
TEM QUE OUVIR O CORAÇÃO E DIZER: PAROU (BABENCO – TELL ME WHEN I
DIE)
di Bárbara Paz (Brasile)
il
PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR FILM
RESTAURATO a:
EXTASE (ECTASY)
di Gustav
Machatý (Cecoslovacchia, 1932)
PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA
La Giuria Leone del Futuro - Premio Venezia Opera Prima “Luigi
De Laurentiis” della 76. Mostra Internazionale d'Arte
Cinematografica, presieduta da
Emir Kusturica e
composta da
Antonietta De Lillo,
Hend
Sabry,
Terence Nance e
Michael
Werner, assegna il:
LEONE DEL FUTURO
PREMIO VENEZIA OPERA
PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS” a:
YOU WILL DIE
AT 20
di Amjad Abu Alala (Sudan, Francia, Egitto, Germania,
Norvegia, Qatar)
GIORNATE DEGLI AUTORI
nonché un premio di
100.000 USD, messi a
disposizione da
Filmauro, che sarà suddiviso
in parti uguali tra il regista e il produttore.
VENICE VIRTUAL REALITY
La Giuria internazionale della sezione Venice Virtual Reality,
presieduta da
Laurie Anderson e composta
da
Alysha Naples e
Francesco
Carrozzini, dopo aver visionato i 27 progetti in concorso,
assegna:
il
GRAN PREMIO DELLA GIURIA PER LA MIGLIORE OPERA VR
IMMERSIVA a:
THE KEY
di Céline Tricart
(USA)
il
PREMIO MIGLIORE ESPERIENZA VR IMMERSIVA PER
CONTENUTO INTERATTIVO a:
A LINHA
di
Ricardo Laganaro (Brasile)
il
PREMIO MIGLIORE STORIA VR IMMERSIVA PER CONTENUTO
LINEARE a:
DAUGHTERS OF CHIBOK
di Joel
Kachi Benson (Nigeria)
Premio ARCA CinemaGiovani
miglior film italiano a Venezia: MARTIN
EDEN di Pietro Marcello
miglior film Venezia 76: EMA
di Pablo Larraín
Premio Brian UAAR (Unione degli Atei e degli
Agnostici Razionalisti)
THE PERFECT CANDIDATE di
Haifaa Al Mansour
Premio Casa Wabi - Mantarraya
Fundación Casa Wabi - Mantarraya Production
Destinato al regista
vincitore del premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”
Premio CICT - UNESCO "Enrico Fulchignoni"
CICT - UNESCO (Conseil International du Cinema et de la
Télévision)
45 SECONDS OF LAUGHTER di Tim
Robbins
Premio per l’inclusione Edipo Re Edipo Re,
Università degli Studi di Padova
BOŻE CIAŁO/CORPUS
CHRISTI di Jan Komasa
Premio Fanheart3 Associazione Fanheart3
Graffetta
d’Oro al miglior film:
JOKER di Todd Phillips
Nave
d’Argento alla migliore OTP:
MILLA/MOSES per il
film
Babyteeth di Shannon Murphy
VR Fan Experience:
WOLVES IN THE WALLS di Pete Billington
Premio FEDIC Federazione Italiana dei
Cineclub
miglior film: SOLE di Carlo
Sironi
menzione speciale FEDIC: NEVIA di Nunzia
De Stefano
menzione speciale FEDIC per il miglior cortometraggio:
SUPEREROI SENZA SUPERPOTERI di Beatrice Baldacci
Premio Filming Italy Filming Italy Award,
Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, Best
Movie
miglior film della sezione Sconfini:
AMERICAN SKIN
di Nate Parker
Premio FIPRESCI FIPRESCI
(International Federation of Film Critics)
J’ACCUSE di
Roman Polanski
miglior film di Orizzonti e delle sezioni
parallele: BLANCO EN BLANCO di Theo Court
Premio Francesco Pasinetti Sindacato
Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani
miglior film: IL
SINDACO DEL RIONE SANITÁ di Mario Martone
migliori
attori: FRANCESCO DI LEVA e MASSIMILIANO GALLO per
il film Il Sindaco del Rione Sanità di Mario
Martone
migliore attrice: VALERIA GOLINO per i
film 5 è il numero perfetto di Igort, Adults in
the Room di Costa-Gavras e Tutto il mio folle amore di
Gabriele Salvatores
premio speciale: CITIZEN ROSI di
Didi Gnocchi e Carolina Rosi
GdA Director’s Award Giornate degli
Autori
LA LLORONA di Jayro Bustamante
Premio Label Europa Cinemas Giornate
degli Autori
BOŻE CIAŁO/CORPUS CHRISTI di Jan
Komasa
Premio del Pubblico BNL Gruppo BNP Paribas
Giornate degli Autori
UN DIVAN À TUNIS opera
prima di Manele Labidi
Premio Gillo Pontecorvo Istituto
Internazionale per il cinema e l'audiovisivo dei paesi latini,
Associazione Gillo Pontecorvo
MIAO XIAOTIAN in
qualità di Presidente della CFCC (China Film Coproduction
Corporation)
Premio Green Drop Green Cross
Italia
J’ACCUSE di Roman Polanski
premio
alla carriera: STEFANIA SANDRELLI
edizione
speciale Ecologia e Cultura: CLAUDIO BONIVENTO
Premio HFPA HFPA (Hollywood Foreign
Press Association)
Destinato a tre cineasti (registi, produttori)
vincitori nella sezione Orizzonti dei premi al miglior film, miglior
regia, premio speciale della giuria.
Premio HRNs – Premio Speciale Diritti Umani
Human Rights Nights
premio speciale Diritti Umani – HRNs:
LES
ÉPOUVANTAILS di Nouri Bouzid
menzione speciale:
BLANCO
EN BLANCO di Théo Court
Premio INTERFILM per la Promozione del Dialogo
Interreligioso International Interchurch Film
Organisation
BIK ENEICH – UN FILS di Mehdi M.
Barsaoui
Premio Lanterna Magica C.G.S.
(Cinecircoli Giovanili Socioculturali)
SOLE di
Carlo Sironi
Premio Leoncino d'Oro Agiscuola,
UNICEF
IL SINDACO DEL RIONE SANITÁ di Mario
Martone
segnalazione Cinema for UNICEF: the painted bird
di Václav Marhoul
Premio Lizzani ANAC (Associazione Nazionale
Autori Cinematografici)
NEVIA di Nunzia De
Stefano
Premio Fondazione Mimmo Rotella
Fondazione Mimmo Rotella
GIUSEPPE CAPOTONDI, DONALD
SUTHERLAND e MICK JAGGER per il film The
Burnt Orange Heresy di Giuseppe Capotondi
Premio NUOVOIMAIE TALENT NUOVOIMAIE - i diritti
degli artisti, in collaborazione con il Sindacato Nazionale
Giornalisti Cinematografici Italiani
migliore attore esordiente:
Claudio Segaluscio
migliore attrice esordiente:
Virginia Apicella
Premio La Pellicola d'Oro Ass.ne
Culturale “Articolo 9 Cultura & Spettacolo” e S.A.S.
Cinema”
miglior maestro d’armi: EMILIANO NOVELLI per
il film Martin Eden di Pietro Marcello
miglior sartoria
cineteatrale: GABRIELLA LO FARO per il film Martin
Eden di Pietro Marcello
miglior capo elettricista: ETTORE
ABATE per il film Il Sindaco del Rione Sanità di
Mario Martone
Premio Queer Lion Associazione di
Promozione Sociale Queer Lion
EL PRÍNCIPE di
Sebastián Muñoz
Premio Sfera 1932 Consorzio Venezia e
il suo Lido con Seguso Vetri d’Arte - Murano dal 1397
WOMAN
di Anastasia Mikova e Yann Arthus-Bertrand
menzione
d’onore: BALLOON di Pema Tseden
Premio del Pubblico Settimana
Internazionale della Critica
ALL THIS VICTORY (JEEDAR EL
SOT) di Ahmad Ghossein
Gran Premio Settimana Internazionale della Critica - SIAE
Settimana Internazionale della Critica
ALL THIS VICTORY
(JEEDAR EL SOT) di Ahmad Ghossein
Premio Circolo del Cinema di Verona Settimana
Internazionale della Critica
SCALES (SAYIDAT AL BAHR) di
Shahad Ameen
Premio Mario Serandrei Settimana
Internazionale della Critica
ALL THIS VICTORY (JEEDAR EL
SOT) di Ahmad Ghossein
Premio al Miglior Cortometraggio SIC@SIC 2019
Settimana Internazionale della Critica
VERONICA NON SA
FUMARE di Chiara Marotta
Premio alla Migliore Regia SIC@SIC 2019
Settimana Internazionale della Critica
IL NOSTRO
TEMPO di Veronica Spedicati
Premio al Miglior Contributo Tecnico SIC@SIC
2019 Settimana Internazionale della Critica
LOS
OCÉANOS SON LOS VERDADEROS CONTINENTES di Tommaso
Santambrogio
Premio SIGNIS| SIGNIS International
(World Catholic Association for Communication)
BABYTEETH di
Shannon Murphy
menzione speciale: WAITING FOR THE
BARBARIANS di Ciro Guerra
Premio Adele and Christopher Smithers
The Christopher D. Smithers Foundation
BABYTEETH di
Shannon Murphy
Premio di critica sociale “Sorriso diverso”
Associazione studentesca UCL (L'università cerca lavoro)
MIO
FRATELLO RINCORRE I DINOSAURI di Stefano Cipani
miglior
film straniero: J’ACCUSE di Roman Polanski
Premio Soundtrack Stars Free Event e
Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani)
migliore
colonna sonora: JOKER di Todd Phillips per le
musiche di Hildur Guðnadóttir
premio speciale della giuria:
BABYTEETH di Shannon Murphy
Premio UNIMED UNIMED (Unione delle
Università del Mediterraneo)
EMA di Pablo
Larraín