venerdì 26 luglio 2013

La guerra mondiale contro gli Zombie di Mark Forster

Roberto Silvestri

Un morbo global. Una influenza letale, tipo spagnola, avvelena viralmente il mondo. Gli effetti dei morsi assassini sono devastanti. La zombizzazione degli umani, partita in India o in Cina (ovviamente, ma perché?), dilaga ovunque. Forse solo il nord del Minnesota l'ha scampata (?). Israele non esiste più... E, nel resto del mondo, gli esseri umani stanno scomparendo, morsicati dai crazy bodies famelici e trasformati in alien.

Jerry Lane (Brad Pitt), funzionario investigativo dell' Onu piuttosto avventuroso, messa in salvo la famiglia da Filadelfia a Newark - moglie, due figlie piccole wasp e un orfano ispanico - e poi via elicottero su una portaerei al largo dell'Atlantico, accetta - sotto ricatto - di cercare un antidoto, assieme a un giovane ma agguerrito virologo, Fassbach ("mai fidarsi della natura, anzi va ingannata"). Li spediscono, via aereo, nella notte.

Sappiamo che Brad ce la farà, ma non prima di 1. perdere subito il saggio virologo (ma inetto con la pistola), 2. sfiorare la morte in Corea del sud, in una base militare circondata da morti viventi che vengono combattuti a forza di bombe H; 3. e a Gerusalemme (dove, chissà perché, viene in mente al Mossad di costruitre delle mura di Gerico altissime, per proteggersi, ma, a causa di qualche esagerata frenesia religiosa bipartizan, le mura 'cedono' e i famelici mostri a decine di migliaia invadono e divorano la città santa), 4. su un aereo bielorusso zombizzato poco prima di atterrare e purificato a bombe a mano, 5. dopo l'atterraggio di fortuna nel bosco e 6. in un centro per malattie infettive di Cardiff, Galles, per metà conquistato dagli 'alieni'. Al suo fianco sempre la bella Segen, una soldatessa israeliana dal nome evocativo e che non tollera sdolcinatezza ('chiamami solo tenente: in israeliano Segen vuol dire 'tenente') a cui Jerry ha tagliato una mano infettata. Senza i militari anonimi al fianco non si va da nessuna parte. Non si vince la guerra dell'occidente. Intanto la famiglia viene sbattuta fuori dalla portaerei ed è in pericolo perché s'è interrotta la cominicazione con Jerry.....

Si ride, involontariamente durante World War Z. Della saggezza del Mossad. Della teoria del 'decimo uomo' ("quando nove uomini sono assolutamente convinti di una cosa, il decimo è bene che prenda la decisione opposta"). E, soprattutto alla battuta (che nel libro non c'è): "in Corea del Nord hanno risolto il problema alle radici. In 24 ore hanno tolto i denti a 36 milioni di persone". Battuta di spirito utile per capire la differenza che passa tra ipernazionalismo (la difesa pazza della propria nazione, contro tutto e tutti, costi quel che costi, anche i denti) e un più sano e responsabile spirito nazionalitario...

Ma qualche sciabolata di paura non manca. E poi gli eurozombies che sono andati a lezione da Pina Bausch e sanno muoversi da fermi con sussulti ondulatori seriali fanno un certo effetto. Quando un regista svizzero tedesco come Marc Forster si mescola a una produzione hollywoodiana certe stravaganze leziose funzionano. Certo, lo avesse diretto il papà di Max, Mel, il divertimento sarebbe stato più saporito....

A proposito. Ovvio che il libro (edito da Cooper collana Cooper storie, euro 18) è più strano, originale, appassionante del film. Anzi Max Brooks viene gentilmente messo da parte dal team Brad Pitt-Paramount. Se avesse vinto il duetto Di Caprio-Warner Bros, che volevano aquisire anche loro i diritti della trasposizione cinematografica, forse le cose sarebbero andate diversamente. Semplificato invece (e non senza difficoltà produttiva) il canovaccio, resa ossessivamente centrale l'unità famigliare inscalfibile, e poi riaggiustato, con aggiunta della parte finale, quella con Favino virologo che ha non meno difficoltà di Brad Pitt nel cercare attracco ai suoi sguardi, l'accrocco avanza molto impacciato...

Nei cinema d'azione, dal thriller all'epico-mitologico, dal catastrofico al Marvel System, dal western all'horror, l'azione principale, la scena clou avviene solitamente in una stanza, in un campo controcampo, nel solo combattimento di sguardi. Spesso senza dire una sola parola. Certo, Edgar G. Ulmer, in Beyond the time Barrier (1960) esagera, perché l'eroina del futuro lì è proprio muta...

La performance fisica fiammeggiante e spettacolare, lo scontro a mani nude o armate tra umani o tra superuomini della stessa categoria, tra fanciulla e mostro, non è che la replica, il radoppiamento grafico di un duello già avvenuto, nei film più dozzinali, nel dialogo del copione, missili le occhiatacce, che ha stabilito la gerarchia, le armi e le regole o non regole del match.

"Nei miei film - diceva Walter Hill - il punto culminante, molto spesso è quando due si guardano negli occhi e uno dice qualcosa sul tipo "Già, immagino che ti piacerebbe pensarlo". Questo potrebbe esere un bellissimo momento - due che si guardano profondamente, quasi penetrandosi - ma non c'è modo di poterlo descrivere decentemente in una sceneggiatura. Le scelte più importanti sono tra il tipo di pellicola che usi e il rapporto tra i personaggi e la storia. La gente pensa che le sparatorie, o cose di questo tipo, siano che le cose che più mi interessano. Ma non è così a me interessano i personaggi. Adoro far si che si scontrino con una storia dalla spina dorsale semplice. Alcuni reagiscono, fanno qualcosa, altri non fanno nulla, ed è possibile capirli molto più così che attraverso mille spiegazioni".

La complessità di questo procedimento non viene troppo compreso dai cineasti europei  che, come Mikhakov Konchalovsky o Emmerich o Forster, capitano su un set hollywoodiano per girare un film di genere e, più realisti del re, lo trattano giocattolosamente, innestando la quinta, esagerando nella ritmica vorticosa (a due secondi la sequenza) e facendo sparire personaggi secondari (il capitano Speke, il capo Mossad Warmbrunn, il virologo, etc...) affinché non tolgano mai la prima scena al protagonista. Questo stile 'feudale' di regia in World War Z  trova una noiosa conferma. Qui non c'è gioco di sguardi. Nessuno sa dove e perché guardare. E' un roteare buffo di occhi senza passione. Mancano i cattivi e anche i buoni. E tutti gli intermedi.


Il cattivo, chi non la conta giusta, balza all'occhio di solito perché sfoggia (a tratti) un sinistro sguardo obliquo. L'alleanza con il fuori campo è sempre sinistra e maligna. Ray Milland (Delitto perfetto) lo ha spiegato anche ai sassi. Ma con il mostro non si discute e non si comunica, il disumano assassino ha perennemento lo sguardo avulso, è sopra o sottopensiero. E' nel preconscio che va stanato...

C'è un problema in più, però, con gli zombie che il digitale permette di centuplicare di numero e velocizzare come non mai, e anche con i mostri ciclopici e apocalittici che fuoriescono dagli abissi del Pacifico (Pacific Rim di Guillermo Del Toro) come fossero palazzi di 50 piani. I loro mille occhi unificati a rete sono al di qua o al di là dello sguardo e del pensiero, captano solo con l'occhio interiore prede da divorare, corpi, anche microscopici o meccanici o neo antichi, da attraversare e lacerare. Si chiama la cieca violenza selvaggia. Ma ritrova un surplus di senso che sfugge agli umani.

Marines e talebani, neonazi e mafiosi, salafiti e fratelli musulmani stanno da qualche anno imitando (rozzamente) proprio quello sguardo collettivo assente, vuoto, eterodiretto degli zombies che, almeno nella saga di George A. Romero, erano i nostri punti di riferimento teorici del mondo in rivolta, della moltitudine, vil razza pagana, costituente altro potere. Orizzontali, senza leader. Senza neppure le loro catene da spezzare.

Qui, pur mantenendo fede al loro credo antinazista (non si permetteranno mai di torcere un capello, al contrario degli himmleriani, ai malati terminali, ai 'razzialmente' impuri, ma solo ai sani) gli zombies vivono il dramma di essere apocalitticamente crudeli, diabolicamente vincenti e dominatori senza volerlo (e, teologicamente, sappiamo che sono comunque destinati alla sconfitta, come ogni angelo decaduto).  Chi è più sano, in genere, del bimbo innocente?

E lo spettatore pensa (divertendosi). Questi poveretti sono mossi da una forza incontrollabile (provocata oltretutto dall'uomo, come dall'uomo e dai suoi esperimenti biologici furono scatenate altre epidemie, aids non esclusa). E chi li ha contaminati e 'mutati', adesso li massacra. La tragedia. Mentre ci sono altri massacratori che non sono affatto sotto effetto di droghe o infezioni o di un potere alienante. Eppure annichiliscono tutto ciò che trovano, da Baghdad a Kabul...E si pensa al Ruanda. E a chissà quali multinazionali del trapianto degli organi umani stiano dietro questi stragi compiute da chi è cattivo, vincente e dominatore (come gli hutu), senza volerlo.

Il potere costituente (anche una buona sceneggiatura e un buon film) è oculare. Pochi, ma ce ne sono e sono quali sempre di sinistra, gli uomini politici non udenti o non vedenti diversamente potenti. Con le dita si legge, e con le orecchie comunque 'si vede'. Funziona tra gli umani e i sovrumani (uccelli, pesci, animali...). Ci sono problemi, invece, con i sub-morti, con chi comunica solo subliminalmente e misteriosamente, fin dall'epoca di La notte dei morti viventi, quando i cellulari non c'erano ancora e gli zombies camminavano ancora lentamente come bradipi. E continuano a comunicare anche oggi così, nell'epoca di internet, degli iphones (Cell) e dell'alta velocità a fare critical mass indistruttibile. L'altro in questi casi non esiste o è puro intralcio. A meno che non si inietti un fluido mortale. Produzione di zombies per mezzo zombies. E, per la prima volta, anche i morti viventi hanno un'anima.




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