lunedì 25 luglio 2022

Bob Rafelson, il deformatore di Hollywood


di Roberto Silvestri 

E’ morto ad Aspen a 89 anni il regista statunitense Bob Rafelson, produttore, sceneggiatore e regista di una ventina di film di successo come La vedova nera, Il postino suona sempre due volte, Sangue e vino, un episodio di Tales of Erotica. E’ stato lo scopritore di Arnold Schwarzenegger (Stay Hungry è del 1976) e uno dei più brillanti e estremi giovani turchi della New Hollywood, quando sesso droga e rock’n’roll entrarono di prepotenza nella Mecca del cinema, allora in grande crisi di idee e di profitti. E la deformarono irreversibilmente. Molto coinvolto nel mondo musicale (dall’invenzione dei Monkees ai lavori con Lionel Ritchie), anche se adorava John Ford e Ingmar Bergman e non smetteva di guardare Viaggio a Tokyo di Yasujirô Ozu, che lo aveva ipnotizzato "per l'immobilità dei suoi fotogrammi e per la sicurezza nella composizione", considerava un film “non come una pergamena sacra ma come una ‘tela flessibile’ ”. 

Nel dicembre del 2009, grazie a Donald Ranvaud, ovvero l’alta cinefilia di un italoinglese fattasi pratica produttiva di qualità internazionale (La vita appesa a un filo, Addio mia concubina, Stazione centrale, La città di dio…) - che improvvisamente ci ha lasciato nel 2016 ma di cui sono in postproduzione ancora due film - ho incontrato il suo simpaticissimo amico, Bob Rafelson all’hotel Locarno di Roma.

Gigantesco come un cow boy da rodeo (lo era stato in gioventù) anche se era newyorker, per me rappresentava un coraggioso rivoluzionario dell’immaginario, un leader, purtroppo detronizzato, della New Hollywood, perché nei film che avevo scoperto alla Mostra di Venezia di Gambetti, cioè 5 pezzi facili e Il re dei giardini di Marvin, e poi anche Stay Hungry, sulla disfunzionalità crescente della famiglia dinastica borghese americana - metafora di un’intero sistema in avaria nonostante la gigantografia muscolare - aveva aperto ed era entrate in stanze dell’immaginario fino a quel momento proibite o dimenticate. 
Scandalose, eccentriche, aritmiche, eppure swing (era stato anche batterista jazz) le sue meditazioni soggettive, anticonformiste rispetto alla costruzione standard di una azione- avvincente-da-tragedia-o-da commedia, introducevano quantità di imprevisti tematici, linguistici, comportamentali o veri “salti della scocca” narrativi che per la nostra generazione ribelle e combattente erano molto avvincenti e non avevano bisogno di alcuna traduzione intellettuali o di una sensibilità particolarmente dada. Quella era la vita vera. E bisognava cambiarla. 



Rafelson e il suo amico Bert Scheider (che era molto amico di Huey Newton, il leader perseguitato del Black Panther Party, che proprio lui aveva fatto fuggire a Cuba) avevano portato avanti nel 1968 un atto terroristico incruento e vincente, trasformando un filmino on the road da quattro soldi ispirato al Sorpasso di Dino Risi, che avevano prodotto indipendentemente, in un mega successo internazionale, Easy Rider. La qual cosa gli aveva permesso intanto l’eterna gratitudine complicità di Jack Nicholson (che sarà il protagonista dei primi due film da lui diretti, dopo il mockumovie Head-Sogni proibiti coi Monkees, la band rock inventata per far la parodia del rock). E di far tremare di paura gli Studios perché abbinato a un vero piano di ‘entrismo trotzkysta’ dentro una della major, la Columbia, perché Bert era figlio di Abe Schneider, presidente della major, dopo la morte del super tycoon Harry Cohn). 
In trio con Steve Blauner, la loro compagnia, Raybert-BBS, ha prodotto 7 magnifici film distribuiti dal 1969 al 1974 in tutto il mondo: Easy Rider di Dennis Hopper e Jack Nicholson, 5 pezzi facili e Il re dei giardini di Marvin, The last pictures show di Peter Bogdanovich, Drive He said (in Italia Yellow 33) inno al basket di Jack Nicholson , A safe place di Harry Jaglom, un amico intimo di Orson Welles, e soprattutto Hearts and minds, il documentario premio Oscar di Peter Davis sulle atrocità americane commesse in Vietnam e sul razzismo anti-giallo sistemico negli Usa. 
Il fallimento del progetto ‘entrista’ si deve all’ascesa al vertice della Columbia di David Bagelman che ha esautorato Schneider? 
Sarebbe troppo semplice. No. Si trattò piuttosto di questo: tu stai vincendo e lasci. Al massimo del successo, quando sei ancora campione del mondo, abbandoni la boxe. Se ti devo dare una risposta rapida ti do questa. BBS ha fatto sette film, alcuni di questi diretti da me. Ma non volevo più produrre film diretti da altri. Non ero competitivo né ambizioso, non mi interessava mettere il mio nome sui titoli di testa. Poi Bert Schneider (che sarebbe morto 46enne sul set di I tre giorni del Condor, ndr) era enormemente coinvolto con il Black Panther Party, era impegnato nel Movement, nella lotta contro la guerra in Vietnam e per i diritti civili. E così abbiamo deciso di fermarci. C’era un edificio che avevamo comprato a Los Angeles, dove ognuno si era ritagliato il suo ufficio. Ma qualcuno doveva pure andare a ritirare gli affitti e io non me la sentivo proprio di andare a riscuotere i soldi dagli amici. Siamo rimasti infatti amici con tutti…e ho deciso di voler fare solo i miei film, senza uno scopo o un programma di potere più ambizioso. Se avessi deciso di andare due anni in Amazzonia lo avrei fatto, senza dare conto a nessuno. C’è un altro motivo per la fine di quel progetto. L’industria era cambiata, da un momento all’altro tutti volevano fare film rivoluzionari e tutte le majors volevano fare film con registi giovani e inesperti. Ma quello che tutti volevano in realtà era il successo. Agli studi interessava aver scoperto un altro modo per aver successo, non interessavano gli argomenti trattati, anche se fossero stati altamente rivoluzionari, volevano solo alzare i profitti. Siamo stati fortunati. Ma pochi, dopo di noi, hanno continuato su quella strada. Poi tutto è imploso, perché tutti volevano essere come Spielberg e come Lucas dopo i loro successi, Incontri ravvicinati e Guerre stellari, il basso costo era di nuovo un ferro vecchio. Fantastici loro due, dei geni straordinari, però non volevano essere realmente rivoluzionari o cambiare le cose nel vero senso della parola, hanno solo utilizzato questa immagine…E poi è arrivato Cimino. Fine. Ma è interessante sapere che oggi, dopo oltre 30 anni, tutti i film della Bbs usciranno in un bel cofanetto che i tecnici della Columbia stanno restaurando. 

Jack Nicholson e Jessica Lange  in "Il postino suona sempre due volte" 



E la saga dei Monkees? 
Quello era stato il vero progetto ambizioso, perfino Dennis Hopper e Martin Scorsese volevano girarne un episodio per la tv. E’ stata veramente un’idea aggregante. Dennis Hopper ha poi avuto i soldi dall’Universal per fare The Last Movie. I produttori non volevano un sequel di Easy Rider, ma un altro successo “alla Easy Rider”. Solo che i capi dello studio non riuscivano a parlare sul set con il regista e mi chiamarono per chiedermi come si facesse a contattarlo. Lo Studio vuole appropriarsi, copiare, strapazzare qualsiasi idea, spremerla come un limone e gettarla via. C’è un progetto interessante di tuo figlio Peter, ‘Pretty Little Hate Machine’, ha a che fare con un film musicale, alla Nine Inch Nail? No. Mio figlio che in genere si occupa di video musicali, ha scritto questa storia noir, si tratta di un criminale della mia età che incontra una ragazzina e diventano criminali insieme. Non sarò io a produrlo è un progetto tutto suo. Ovviamento lo aiuterò perché la sceneggiatura mi piace. Ma non voglio essere troppo invadente. Quindi stiamo cercando il regista adatto. 
A proposito di Black Panther. E’ plausibile che l’Fbi abbia ucciso Jimi Hendrix? 
Non credo, ma la storia spesso conferma l’impossibile. 
Perché Dennis Hopper è così conservatore politicamente dopo aver girato film così sovversivi?
Quando ha smesso di prendere la droga, perché ha voluto cambiare tutto il suo set mentale. Sembrava che non sarebbe mai uscito dall’ospedale vivo. E’ stato Burt Schneider a salvarlo. Ed è successo quello che succede a un ateo che sta per morire e che chiama il prete. 
Arnold Schwarzenegger è la sua scoperta… 
Anche quella è una bella storia. Non avevo mai passato tanto tempo nel sud degli States, quando mi arriva un libro, per caso, di Charles Gaines, un romanzo, Stay Hungry su un body builder del sud. Una cosa molto strana, non avevo la minima idea di cose fosse il body building. E allora vado a fare delle ricerche (che è sempre la cosa più interessante) e vado a fare tutto il giro del Mister Universe, da una città all’altra, in sei città e dico a Gaines, ‘tra sei mesi ti dico’ e prendo un’opzione di sei mesi senza pagare una lira. Io voglio sei mesi per decidere, devo imparare di più. Arnold Schwarzenegger fa parte del tour. Così l’ho conosciuto molto bene, però non parla affatto l’inglese: cosa ci fa questo austriaco che vive a Birmingham, Alabana? E’ così incongruo. Non c’è motivo: io sto cercando un americano e non mi importava niente di questo qui, oppure attori che hanno grandi corpi. C’è questa strana parata continua di gente che viene nel mio ufficio, uomini che si tolgono tutti i vestiti e c’è anche Sylvester Stallone che non assomiglia a Schwarzenegger, e Arnold che mi dice: ‘Sai una cosa Bob (lo imita) puoi andare in qualsiasi parte del mondo ma non troverai nessuno meglio di me per questa parte e mi sceglierai’. E aveva ragione. Nello stesso tempo mi ha detto anche che sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti. Era il 1975. Impossibile gli ho detto, devi essere nato negli Stati Uniti per diventarlo. Ma questa è solo un emendamento della costituzione! Arnold è molto interessante, ha questa forza interiore incredibile, quando si è fidanzato, c’erano tutti i Kennedy possibili e immaginabili nella stanza e lui: “Bene voi Kennedy avete bisogno di sangue nuovo!” Nel film è di grande sensibilità. E quando abbiamo fatto il giro stampa del film, a ogni proiezione era presente Arnold, non si sedeva per vedere il film ma aspettava fuori tutti gli invitati e si presentava a uno a uno “come sta?” e dava il suo biglietto da visita, voleva far conoscere e si è fatto conoscere. “Sai la punizione che ti spetta per aver fatto il primo film di Arnold? - mi diceva Jack Nicholson - Farne un secondo”. 
“Cinque pezzi facili”, il titolo viene da Stravinski?
No no no no. La prima scena, era pensata così: la cinepresa entra in un interno di una famiglia molto tradizionale e si avvicina a un piano e arriva in primo piano su uno spartito che si chiama così perché è un esercizio per i bambini. Volevo che fosse un film su un bambino che impara a suonare ma che questo fatto si scoprisse a poco a poco durante il film, vi ricordate la scena del traffico con Nicholson che salta sul camion e suona il piano che stanno trasportando, e perciò ho tolto quella prima scena per cui i critici si sono immaginati le cose più strane, e perfino incestuose…. 


Nicholson e Rafelson sul set di "5 pezzi facili"


Nicholson-Polansky. Jack non ha molto aiutato Roman all'epoca dello scandalo sessuale
Non mi meraviglia che Nicholson non abbia fatto dichiarazioni pubbliche in sua difesa. Jack non è mai stato uno che veramente lotterebbe per una causa qualsiasi, però so che i due si vedono spesso, almeno una volta all’anno. Sono molto amici. Ma non conosco molto bene i dettagli di quella storia. E non so bene perché io non piaccio a Polanski. Non abbiamo un grande rapporto. 
Obama e il cinema, Obama e la cultura. Siamo ottimisti? Cambiano le cose?
No. Sa come dire le cose, vengono dal cuore le sue parole. L’uomo ha ereditato così tanti problemi che sarà difficile risolverli. Ci vorranno anni, decenni. I problemi internazionali sono talmente gravi che, come tutti gli altri presidenti, anche lui lascerà per ultima la cultura. Certamente farà qualche cosa e qualche cosa di minore la cambierà. Non può andare al congresso in questo momento e dire: salviamo la cultura. Lo ammazzerebbero. Non riesce neppure, quasi, a far passare la sua riforma sanitaria…e sono pessimista sulla possibilità che passi quella legge. Roosevelt ha creato lavoro anche per gli artisti, pittori, scrittori, cineasti…Obama è uno studente al suo confronto è fantasticamente intelligente ma i tempi sono differenti. Roosevelt non è che ha cambiato radicalmente l’economia, ha cercato di annullare il potere della Corte Suprema che era contro di lui e nominare nuovi giudici, ma è stata la seconda guerra mondiale che ha tirato davvero l’America fuori dalla crisi.

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