A Ciambra di Jonas Carpignano |
di Roberto Silvestri
Radio Onda Rossa come ogni anno chiede
a un mucchio selvaggio di critici italiani (per lo più uomini perché
radio onda rossa non rispetta il politicamente corretto e le quote,
per far piacere a Tom Wolfe, il rapporto è 12 a 3) quali sono i
cinque migliori film del 2017 usciti regolarmente nelle sale, anche
off off. (*)
Spielberg e prima ancora Welles ci
hanno però sempre messi in guardia da questo giochino utile semmai a
ricordare e riassumere l'annata, e spiegato che l'arte non ammette
classifiche generali, alla faccia dei grandi festival (Cannes,
Berlino, Rotterdam, Venezia, Toronto, Locarno e Telluride) e delle
loro giurie di super star, e checché ne dicessero ad Atene i fan
delle olimpiadi culturali.
I film potrebbero essere sì giudicati
da esperti esterni, teorici e critici d'arte, direttori di festival,
cioé da un pubblico particolarmente consapevole e onnivoro (a parte
i premi Oscar che sono premi aziendali, assegnati per ogni categoria
dai rispettivi colleghi) solo se differenti registi partissero dallo
stesso copione. Se no come pesare l'originalità e l'unicità delle
opere d'arte? Comunque qualche film si imprime nella memoria più di
altri. E non sempre questo vuol dire che sia più artistico e
affascinante di un altro, che magari si introduce in parti del
cervello molto meno esibizioniste, ma è sempre pronto a esplodere,
prima o poi. Comunque.
Radio Onda Rossa chiede anche un
giudizio sull'annata. Più il cinema, inteso come sala, è in crisi
più si vedono film, attraverso una molteplicità di supporti
inimmaginabili pochi anni fa. Dunque la situazione è eccellente. Si
producono molti film e si possono vedere ovunque opere da tutto il
mondo. Anche se aspettiamo ancora il Lav Diaz che ha vinto Venezia
2017. Altro dato interessante. I primi tre film nella classifica Usa
di incassi vedono tre donne super star protagoniste. E sono tre super
eroine che hanno scalzato i Batman e i Superman, i Lanterne Verdi e i
Daredevil: Wonder Woman, La Bella e la Bestia e Guerre Stellari
Episodio 8: Gal Gadot, Emma Watson e Daisy Ridley. Insomma l'anno è
caratterizzato da una certa supremazia simbolico-immaginario delle
donne. La conferma arriva anche sul lato del cinema non
hollywoodiano. I nuovi film di Claire Denis, Agnes Varda, Lucrecia
Martel, Valeska Grisebach, Greta Gerwig, Sally Potter, Valeria
Sarmiento, Annemarie Jacir... entrano in moltissime classifiche
critiche.
Il Giovane Marx di Raoul Peck |
LA TOP FIVE....
Premessa: non ho visto Il giovane
Marx di Raoul Peck, sulla vita pubblica e privata di Karl Marx
fino al 1848, alle prese con Proudhon e Feurbach, con Hegel e con la
prima grande rivoluzione in Occidente. Il film forse uscirà in
Italia con I wonder per tre giorni, intanto si può acquistare in dvd
all'estero. Siamo o no al bicentenario? Non è un caso che sia un
grande cineasta haitiano a ricordarcelo. Toussaint Louverture non è
passato invano. Ha guidato la prima rivoluzione proletaria mondiale.
Vincente. Nel 1804. E certamente ha molto influenzato non solo
l'Otello di Rossini, ma anche il Genio di Treviri.
Premessa
n.2. Non ho ancora visto Chiamami col tuo nome di Luca
Guadagnino che spero vinca qualche oscar perché credo che
Guadagnino sia il cineasta italiano più coraggioso, inventivo e
spregiudicato della nuova generazione, meno manierista di Garrone e
più colto visualmente di Sorrentino. Lo dimostra il fatto che sia il
primo cineasta italiano/italieno che riesce a sfidare i grandi del
cinema Usa nelle categorie principali. Non come regista del migliore
film alieno. Cosa inedita per un regista italiano. O quasi. Ma il gay
movie che avrebbe dovuto dirigere Jams Ivory, non è ancora uscito in
Italia.
Premessa 3. Non sono ancora usciti una
decina di opere importanti ammirate nei vari festival come:
David Lynch e Harry Dean Stanton in Lucky |
Lucky, di
John Carroll Lynch, con David Lynch, l'ultimo film,
semi autobiografico, quasi un auto necrologio, di Harry Dean Stanton,
First Reformed di Paul Schrader
sulla Chiesa Riformata d'Olanda, sui calvinisti d'America che tanto
hanno massacrato l'infanzia del cineasta, e sulla interpretazione
così inquietante e letteralista della Bibbia da istigare il
cristiano dai saldi principi etici a passare alla lotta armata e a
inseguire il fondamentalismo talebano sul suo stesso terreno. Perché
“bisogna distruggere i distruttori della terra”. Come ci impone
di fare il Libro Sacro.
La mini serie tv, molto politica, su
una pagina oscura della storia usa anni 60, di Errol Morris Wormwood;
The Nothing Factory, un musical
portoghese (trotskista ma senza pasticcini, quasi come lo sognava
Nanni Moretti) di Pedro Pinho su una occupazione di fabbrica
anti-globalizzazione piuttosto festosa nonostante il tetro clima;
un doc di Barbet Schroeder Le
venerable W. di Barbet Schroeder che ha anticipato prima che il
mondo se ne accorgesse che in Birmania peggioravano i pogrom contro
le minorante musulmane bengalesi dei Rohingya. Aizzati da un monaco
First Reformed e Talebano contemporaneamente.
Post di Steven Spielberg, che
sta però per uscire nelle sale e probabilmente farà incetta di
statuette e di globi..
Premessa 4. Non sono usciti mai in
Italia se non nei festival e sono attesi, tra gli altri:
Sinestesia di Maged el Madhi
(per capire a pelle, con l'occhio l'orecchio e la bocca, cosa sta
succedendo nell'Egitto rimilitarizzato da al-Sisi e perché una
sollevazione popolare ha rovesciato i fratelli musulmani)
L'ornitologo di Joao Rodrigues
(ai padovani non piacerà perché scopriranno che sant'antonio è
portoghese)
Hissein Habré, a Chadian Tragedy
di Mahamat Saleh Haroun (forse prima di dire di “aiutare l'africa a
svilupparsi” sarebbe bene osservare attentamente questo film che
racconta perché gli aiuti europei sottosviluppano ferocemente da più
di 4 secoli l'Africa, perché la Francia ha organizzato oltre 60
colpi di stato per tenere tutte le ex colonie sotto controllo
neocoloniale e perché Minniti rischia di imitare più Crispi che
Zanardelli)
Premessa 5. Tra i film quelli usciti (o
in procinto di uscire) che non metto in classifica, una decina di
ottimi film visti, conferme ulteriori di altisssima qualità:
Ex Libris di Fredrick Wiseman
(anche senza essere esperti in biblioteche 'viventi' si può capire
perché questo testo dovrebbe essere conosciuto e studiato da tutti
gli assessori alla cultura)
Wonderstuck di Todd Haynes
(opera tattile, non è simile a Hugo Cabret, anche se il film è
tratto da un romanzo dello stesso scrittore, e anche se racconta
l'amicizia a distanza tra due adolescenti che hanno molto in comune,
perché tono e timbro restano di Haynes, e i nervi sono meno a fior
di pelle, la magia del vedere l'invisibile è più morbida, la
profondità storico-politica che circonda l'avventura è più
palpabile. Anni venti/anni settanta, stessa epoca di ribellione ad
alta tensione.
La vita in comune di Edoardo Winspeare, perché fa capire (anche se il racconto riguarda la giunta di sinistra di un paese dell'entroterra salentino: la cultura, che sembra polverosa, dei suoi intellettuali organici, le strategie economiche per uscire dall'immobilismo e perfino la politica carceraria, che è all'opposto di quella leghista e pentastellata) il miracolo di Lecce, unico comune strappato dal Pd alla destra nelle ultime amministrative, merito di Salvemini ovvero l'estremista che ha quelle capacità di mediazione politica e di rispetto per gli avversari che un moderato non sembra possedere.
Guardiani
della galassia 2 di James Gunn, il primo era perfetto,
questo troppo identico al primo, anche in perfezione, nel gioco
agro-dolce, nel tono brechtiano e super camp....
Personal shopper di Olivier
Assayas, migliore film francese dell'anno.
Tre manifesti a Ebbing, Missouri
scritto e diretto da
Martin McDonagh (quello che Minervini ha anticipato in poesia, su
come è fatta strana l'America redneck, qui viene spiegato anche ai
muri e ai cartelloni pubblicitari. Elogio funebre al fondatore di
Playboy che, come ha scritto Camille Paglia, ha cercato di
strappare i cowboy alla loro rozzezza atavica e brutale, quella di
Trump e di Weinstein, senza riuscirci, se non un po' sulle coste est
e ovest)
The Other Side of Hope di Aki Kaurismaki, il migliore film comunista
Okja di Bong Joon-Ho il migliore
film animalista
Da una storia vera di Roman
Polanski, Eva contro Eva, ma come se Norman Mailer (Emmanuelle
Seigner) duellasse con Thomas Wolf (Eva Green).
L'insulto di
Ziad Doueri (Libano), miglior contributo alla soluzione della
questione israelo- palestinese. Se non ci riescono i politici, ci
riescono gli artisti a spiegarci attraverso un film uno e bino,
commedia feroce e dramma processuale, la strada per superare il
conflitto. Riconoscere i proprii errori e massacri e trovare
mediazioni e compromessi. L'arte è estremista, la politica deve
essere sempre capace di patteggiare con il nemico e ripudiare ogni
soluzione finale.
Premessa 6.
MIGLIORE FILM FUORI FORMATO:
Twins peaks return, oltre 18 ore che rendono David Lynch
imparagonabile, se non a Guerre Stellari Episodio VIIII
Inoltre:
migliore performance attoriale, sia
maschile che femminile (a parte i giudizi sconsiderati su Polanski) :
Asia Argento (da
Bianca Berlinguer a spiegare davvero cos'era successo 20 anni prima
con Weinstein e cioé che non è vero che lo ha frequentato per 5
anni dopo il fattaccio - difficile da evitare perché il boss Miramax
è di una grandezza erculea e forza irresistibile, impossibile dargli
un calcio alle palle - e che ha accettato lussuosi doni: ma chi ha
diffuso queste balle che tutti hanno immediatamente date per vere?)
miglior film IN ASSOLUTO il
movimento “me to”, primo tempo, ovvero testimoniare e Time's up,
secondo tempo, ovvero creare
un fondo di molti milioni di dollari per assistere finanziariamente e
legalmente tutte le donne vittime di molestie sessuali soprattutto
fuori dall'ambiente del cinema, nelle fabbriche, negli uffici e nei
ristoranti e supermercati: l'8 gennaio ai Golden Globes tutte le
attrici e tutti gli attori che aderiscono vestiranno in nero.
MIGLIORE DOC
“I am not your negro” di Raoul Peck, dall'ultimo libro non finito di James Baldwin, basato su interessanti materiali di repertorio televisivi, come i suoi celebri scontri in diretta con intellettuali reazionari, tutti facilmente distrutti. Il film racconta il rapporto personale dello scrittore e militante nero con tre delle tante vittime del razzismo anti african american negli Stati Uniti degli anni 60 e 70, Martin Luther King, Malcolm x e Medgar Evers. Strano che dal film non esca la polemica contro il black panthers party, di cui Baldwin fu bersaglio prediletto (in particolare di Eldridge Cleaver) non perché fosse politicamente un moderato, ma per essere gay dichiaratissimo. E' uscito anche nella collana doc di Feltrinelli in dvd.
Peck fotografo giornalista laureato
in ingegneria, formato cinematograficamente a Berlino, è un regista
haitiano che ha alternato doc e fiction, ed è famoso per un
magnifico film su Lumumba, preceduto da un doc sull'assassinio di
Lumumba visto “in diretta” perché Peck era figlio di diplomatici
del presidente della repubblica del Congo appena indipendente,
Kasavubu. Suoi anche importanti film sulla comunità haitiana di
Manhattan. Suo anche Il giovane Marx.
Non si possono dimenticare infine due ottimi doc statunitensi: I called him Morgan di Casper Collin (sull'assassinio del trombettista jazz Lee Morgan) e Dawson City: Frozen Time di Bill Morrison, prodotti però nel 2016. E tra i doc del Tff (Torino non Toronto) il russo Cronaca del tempo dei guai di Vladimir Eisner Evaldovich Tra i doc italiani da tenere d'occhio nelle sale "normali": Lorello e Brunello di Iacopo Quadri; 77 no commercial use di Luis Fulvo (anche se c'è qualche Cossiga di troppo); Cento anni di Davide Ferrario; Vento di soave di Corrado Punzo (sui disastri ambientali a Brindisi e nel grande Salento).
Alcuni grandi registi come Scorsese,
Verhoeven, Gibson, Zemeckis confermano la loro grandezza con film
superbi come Il silenzio, Elle, Allied, Hacksaw Ridge..... Ma ci sono
5 film davvero speciali quest'anno, che possiamo isolare perché sono
i migliori in ambiti più ristretti:
- Detroit di Katherine Bigelow, miglior film rivoluzionario dell'anno perché non è tanto importante la bellissima seconda parte, certo un omaggio a Jonas Mekas, sulla tortura - simil Diaz e simil troppe azioni di sopercheria poliziesca assassina ai danni di tutti i dannati della terra, dall'Illinois a Tehran da Damasco a Mosca - ma per il blocco Motown sound/rivolta della moltitudine: più è potente, accerchiante, organizzata e promiscua la ribellione, ritmata da una musica egemonica mai udita prima, è il suono del 68, più i poliziotti locali pubblici e privati, la guardia nazionale e l'esercito, come tori nell'arena circondati, colpiscono a vanvera e perdono la testa, perdendo. Come in Vietnam (indipendentemente dal verdetto del magistrato). Salvo lasciare un deserto, per vendetta, come in Vietnam (non pagando quel che era dovuto secondo i patti di resa). Come è ridotta oggi Detroit si sa.
- Wonder Woman di Patti Jenkins, miglior block buster del'anno. Ovvero tutto sulle spalle dell'attrice israeliana GAL GADOT (è l'amazzone semi dea “Diana Prince”). E' il film fumetto Marvel che rilancia tutta la serie deviandone il baricentro simbolico (La bella e la bestia con Emma Watson, e Guerre Stellari con Daisy Ridley hanno altrettanto forti protagoniste). In più si tratta di una inedita coproduzione Hong Kong, Cina e Usa. Inoltre è il primo film di super eroi diretto da una donna, e la regista di Monster qui è come se si vendicasse in anticipo dell'affare Weinstein che sta per scoppiare e come se fosse la portavoce del movimento nato per mettere fine a pratiche di potere troglodite. Nata nel 1942 Wonder Women è la prima eroina a fumetti della storia, innesto di mitologia greca e eroismo anti nazista. Diventa importante quanto Batman e Superman, ma non in Italia. Simbolo dell'insorgenza femminile nella società americana durante la la seconda guerra mondiale. Era dal 1958 che non primeggiavano nelle top ten film ben tre protagioniste (in quell'occasione erano molto meno muscolose: Auntie Mame di Morton Da Costa con Rosalind Russell e South Pacific di Joshua Logan con Mitzy Gaynor.
- L'inganno di Sofia Coppola, miglior remake obliquo dell'anno, un contro western femminista che divide e ovviamente sa farsi odiare. Via col vento incontra l'horror. Clint il nemico bello da sedurre a tutti i costi qui perde il posto centrale, quello di magnete simbolico dell'horror freddo, che passa a Nicole Kidman, l'ape regina che controlla gerarchicamente, come fosse il generale Lee, tutte le sue ragazze. Ma non per questo è femminista il film. In realtà non si tocca nemmeno il capolavoro di Siegel, ma si ritocca il romanzo da cui L'inganno, The Beguiled, ha origine. Non è tanto la rozzezza yankee contro la raffinatezza southern delle ragazze, il bianco merlettato e ombreggiante, la luce di candela della mansion contro la miserabile astuzia seduttiva del ferito prigioniero, ma rozzo e macho, che interessa Coppola, ma decostruire i capisaldi della cultura americana: né pragmatismo industriale e cultodel profitto né decadentismo schiavistico e culto della rendita. Uscire dalla contrapposizione originaria tra piantagione e fabbrica, per rifare daccapo l'America. Senza mostri. Questa la rilettura storico politica femminista.
- The shape of water di Guillermo del Toro, miglior film-saggio. Un classico horror di Jack Arnold adorato, adornato e rispettato dal cineasta messicano, entra nell'immaginario fantasy più conturbante del momento, e come in una nota a piè pagina se ne spiega lo sfondo, accuratamente: la guerra fredda, l'idiozia della Cia (non a caso formata da ex stalinisti pentiti, ma rimasti identici “dentro”) e dell'Fbi.
- A Ciambra di Jonas Carpignano. Migliore trasformazione di un corto in un lungometraggio. Il meno italiano nei nostri cineasti da molti anni è un cittadino di Manhattan che passa metà dell'anno in quel pezzo di Calabria (anche mafiosa) che bloccò il petrolchimico (dando una certa indicazione umanista non raccolta dall'Ilva) e che si chiama Gioia Tauro, dove attraverso il lungo sodalizio con Pio, il piccolo rom, adolescente, il peggiore dei peggiori distrugge ogni conformismo scolastico di regia, entra ed esce dalla finzione come solo Rossellini sapeva fare, e ci dà un esempio di “cinema falsità” che è più vero di ogni cinema del reale.
A
Ciambra ha vinto il referendum di Rasdio Onda Rossa.
In
attesa della top ten di Film Parlato, a cura di Lorenzo Esposito,
diamo alcune interessanti classifiche.
Per i
Cahiers du cinema ha
vinto Twin Peaks Return.
Per
Sight and Sound Get
out.
Per
Raymond Bellour: I
had nowhere to go di
Douglas Gordon; Western di Valeska Grisebach; Zamas di Lucrecia
Martel; Ex Libris di Fredrick Wiseman; Domain et tous le autres jours
di Noemie Lvovsky.
Per
Carlo Chatrian (direttore
del festival di Locarno): Twin
Peaks: Return; Zama, Call me by Your Nome, Three Billboard Outside:
Ebbing, Missouri; Jeannette
di Bruno Dumont.
Per
Molly Haskell (critica statunitense femminista): Lady
Bird di Greta Gerwig; I,
Tonya di Craig
Gillespie; The Meyerowitz
Story di Noah Baumbach;
Logan Lucky
di Steven Soderbergh; One
Mississippi di Diablo
Cody e Tig Notaro.
Jonathan Rosenbaum
(critico Usa): 24 Frames
di Abbas Kiarostami; Let
The Sunshine In di
Claire Denis; Mudbound
di Dee Rees; Faces Places
di Agnès Varda; Twin
Peaks: Return
Noel Vera
(critico filippino): Twin
Peaks: The Return; Silence
di Martin Scorsese; A
Quiet Passion di Terence
Davies; Respeto
di Treb Monteras II; Okja
di Bong Joon-ho
(1) Federico Raponi, redattore della trasmissione di Radio Onda Rossa "Visionari" che ogni anno organizza la classifica, e ha chiesto anche i miei 5 titoli, mi ha mandato due precisazioni:
"la prima, da ascoltatore: un redattore e una trasmissione (Visionari) non rappresentano un collettivo redazionale, come è quello di ROR che tra l'altro vanta da anni una trasmissione autogestita da femministe e lesbiche, e sfido a trovarne un'altra nel panorama dell'etere nazionale.
La seconda, da giornalista: i criteri nella scelta del "mucchio selvaggio di critici italiani" sono stati sia personali (amicizia/stima) sia professionali (precedenti partecipazioni - a vario titolo - alla trasmissione/autorevolezza/visibilità di chi muove il cinema in Italia oppure ne scrive e ne parla). Questo tenendo anche conto della parità di genere, cosa che del resto faccio per tutto il resto dell'anno. In questo caso, però, non ho trovato alternative convincenti alla scelta finale, con un rapporto di 12 a 3 ".
Bisogna riconoscere che non è un problema solo dei Visionari e dell'Italia. La classifica di "Sight and Sound" è stata redatta con un rapporto simile: 12 critiche e 28 critici.
"la prima, da ascoltatore: un redattore e una trasmissione (Visionari) non rappresentano un collettivo redazionale, come è quello di ROR che tra l'altro vanta da anni una trasmissione autogestita da femministe e lesbiche, e sfido a trovarne un'altra nel panorama dell'etere nazionale.
La seconda, da giornalista: i criteri nella scelta del "mucchio selvaggio di critici italiani" sono stati sia personali (amicizia/stima) sia professionali (precedenti partecipazioni - a vario titolo - alla trasmissione/autorevolezza/visibilità di chi muove il cinema in Italia oppure ne scrive e ne parla). Questo tenendo anche conto della parità di genere, cosa che del resto faccio per tutto il resto dell'anno. In questo caso, però, non ho trovato alternative convincenti alla scelta finale, con un rapporto di 12 a 3 ".
Bisogna riconoscere che non è un problema solo dei Visionari e dell'Italia. La classifica di "Sight and Sound" è stata redatta con un rapporto simile: 12 critiche e 28 critici.
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