sabato 17 febbraio 2024

STORIA OBLIQUA DEL CINEMA 1

Come è importante il nero nel cinema a colori. Cos'è l'ENR?
Roberto Silvestri
Il 28 febbraio 1983 al Filmstudio di via Orti d'Alibert, Roma, Armando Leone e Cristina Misischia organizzano un incontro con Ernesto Novelli dal titolo “La tecnica del colore”. Questo che trascriviamo qui sotto è il ciclostilato di presentazione curato per l'occasione.
La scuola italiana di cinefotografia anni 50 e 60 è rinomata nel mondo. Rossellini, Visconti, Fellini, Antonioni, Rosi, Maselli vogliono dire anche Giuseppe Rotunno, Dario Di Palma, Gianni Di Venanzo, Pasqualino De Santis e tanti altri. Ma anche la qualità della nostra cinefotografia a colori è stata altissima. E c'è un perché chimico-tecnologico dietro a questa supremazia. Non solo il nome del 'Mozart' del cromatismo ottico. Vittorio Storaro, forse il primo italiano ad aver saputo tradurre, in modo creativo, un know how sostanzialmente bianco e nero nel complesso e dominante colonialismo tecnico del Technicolor, scovò e incoraggiò infatti, in uno stabilimento che ne portava il nome, Ernesto Novelli, datore luci di straordinario coraggio e sensibilità, e un altro tecnico di sviluppo e stampa, il padre dello scrittore Christian Raimo (morto nel 2009).
Grazie a un sofisticato procedimento chimico da loro inventato (ENR, dalle iniziali di Enrico Novelli & Raimo), si riuscì a controllare, in modo molto più efficace del solito, il contrasto e la saturazione cromatica laddove serviva esaltare i segni e contorni sagomanti del nero. Fu anche grazie a questo ricercatissimo procedimento che Storaro vinse tre Oscar per Apocalypse now, Reds e L'ultimo imperatore. Tra i contributi artistici di Ernesto Novelli & Raimo ricordiamo anche Ultimo tango a Parigi, Novecento, Il portiere di notte, L'innocente, La città delle donne, un sogno lungo un giorno, La tragedia di un uomo ridicolo, Ho fatto splash, Delicatessen Sembra morto ...ma è solo svenuto. Il 31 dicembre 2013 gli stabilimenti italiani della Technicolor chiusero per sempre i battenti (la società oggi è francese...) licenziando 94 dipendenti (ma erano arrivati a 1000 ai tempi d'oro della Hollywood sul Tevere).
Christian Raimo racconta così su Repubblica (poi pubblicato sul blog di approfondimento culturale Minima & Moralia) l'invenzione che fecero suo padre e Ernesto Novelli: “A poco più di trent’anni a mio padre capitò di inventare un processo chimico che “se l’avessi brevettato saremmo ricchi”. L’aneddotica vuole che su un pezzo di pellicola fossero rimaste delle tracce di qualche sale d’argento (utilizzato nel processo di sviluppo e poi fatto precipitare). Pasqualino De Santis, il direttore della fotografia Oscar per Romeo e Giulietta di Zeffirelli, vide questo pezzo e disse: “Voglio quell’effetto lì”; mio padre e il datore luci Ernesto Novelli cercarono di accontentarlo. In realtà si trattava di aggiungere ai tre filtri che costituivano la pellicola a colore (il magenta, il cyan e il giallo) una specie di quarto filtro bianco/nero realizzato con un bagno di bromuro d’argento. Siccome l’argento si annerisce alla luce bianca, l’immagine acquista in nitidezza: i neri che assomigliano a bluastri nella pellicola senza ENR con l’ENR sono molto neri, i colori sfarinati diventano iperdefiniti, si accentuano i contrasti. Il primo film che uscì con questo metodo fu Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi, nel 1976. Quella generazione aurea di direttori della fotografia s’innamorò tutta dell’ENR: Peppino Rotunno, Dante Spinotti, Pasqualino De Santis, ma soprattutto Vittorio Storaro. L’utilizzo che Storaro fece dell’ENR diventò una specie di paradigma dell’immagine cinematografica...C’è una foto che ogni tanto mi tornava tra le mani quando nei giorni di festa le catalogavo da bambino: quella di un tavolo ovale, in un ufficio di legno alla Technicolor, un gruppo di poco più che ragazzi sorridenti, vestiti con completi beige stretti in vita e camicie dai colletti enormi, mio padre con i baffi foltissimi, e la statuetta dell’Academy proprio al centro del tavolo”.
La tecnica del colore – Incontro con Ernesto Novelli
di Armando Leone e Cristina Misischia
Il romano Ernesto Novelli, consulente tecnico del colore presso la Technicolor italiana da 27 anni, è un esempio eloquente quanto sconosciuto di una vita dediacta al cinema. Appassionato autodidatta, a soli 15 anni inizia l'apprendistato con Boschi, per poi lavorare alla Technostampa, alla Spes, alla Cinabo e dal 1977 al 1979 a Cinecittà con Bernardo Bertolucci e Federico Fellini. Entrato nel 1956 negli stabilimenti romani della Technicolor e subito conteso da registi quali John Huston, Roger Vadim, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Franco Zeffirelli, ha elaborato e sviluppat i procedimenti chimici dei primi film a colori e, rifacendosi all'autokrome (con cui si immette il colore nel bianco e nero, lasciando che i contorni di quest'ultimo rimangano vagamente sfumati), ha inventato uno speciale trattamento della pellicola cromatica: il cosiddetto sistemaENR . Vittorio Storaro che lo ha scelto ed applicato alla realizzazione di Reds di Warren Beatty, ha conseguito nel 1982 l'oscar per la migliore fotografia. Novelli, che ha collaborato agli ultimi successi cinematografici di Antonioni (Il mistero di Oberwald) e di Coppola (Apocalypse now, One from the Heart), attualmente segue la preparazione di La nave di Fellini.
Perché un tecnico?
Filmstudio invita a parlare Ernesto Novelli non soltanto perché uno specialista dell'esperienza pluridecennale possa illustrare agli addetti asi lavori e agli interessati i nuovi e sofisticati sistemi ENR e SCS (o processo di super saturazione del colore), o ancora chiarire le differenze tra il colore chimico e il colore elettronico, quanto piuttosto per dare risonanza a ciò che si verifica e si realizza “dietro le quinte” di un film, nelle mani di tecnici straordinari (oggi sop rattutto italiani) pressoché sconosciuti al pubblico, sacrificati dall'assoluto protagonismo degli autori, dei registi, dei direttori della fotografia nell'ambito della cultura cinematografica. Incontrare Novelli è un po' come scoprire la parte sommersa di un iceberg, quell'universo di tecnici, operatori, macchinisti, elettricisti il cui contributo risulta essenziale alla creazione di un film., il cui lavoro d'equipe, la cui ricerca e affidabilità costanti rendono possibile la presentazione degli attuali superprodotti dalal qualità tecnica (e non soltanto poetica) riconosiuta universalmente potente. Vittorio Storaro, ricordando l'esperienza americana di Apocalypse Now, conferma il nostro pensiero: “Da circa dieci anni lavoro sempre con la stessa equipe. Non l'ho mai cambiata. Rappresenta un po' la mia famiglia professionale...il regista è come un direttore d'orchestra, il direttore delal fotografia è un solista di questa orchestra ma lavoriamo tutti per esprimere nel miglior modo possibile l'idea di un film”....e ancora: “Copola ha accettato che io portassi dall'Italia la mia equipe e che i negativi del film (così come è avvenuto per One from the Heart) fossero sviluppati e stampati alla Technicolor romana dove con i sistemi ENR e SCS là messi a punto, si possono raggiungere risultati incredibili”. Storaro testimonia così della grandissima richiesta da parte di tutto il mondo di direttori della fotografia italiani e dei tecnici che li assistono, capaci di “personalizzare” il colore, in grado cioé di trattarlo diversamente per ogni film, salvandolo dalal standadrdizzazione.; e di come i lungimiranti e ancora una volta tempisti americani abbiano potuto accettare un compromesso tanto anomalo quale quello di spedire an n. 1138 di via Tiburtina, i giornalieri girati nei loro set, avendo compreso, per usare le parole di Warren Beatty riferite a Reds che “ne valeva certamente la pena”. Ùormai la gestione mediante tecniche sempre più efficaci e sofisticate delel infinite capacità suggestivo-espressive del colore che secondo Antonioni “sembra essere il vero depositario di un nuovo linguaggio cinematografico” rende reale e raggiunto il profetico slogan di Méliès: “Al cinema tutto è possibile”.

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