 di Roberto Silvestri
di Roberto Silvestri
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| Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian | 
Cos’è
 il cinema? È morto il cinema? Perché filmi? Sei nostalgico della 
pellicola e della sua trasparenza analogica o attratto dall’immagine 
opaca e digitale? Il cinema può o non può mostrare come stanno veramente
 le cose? E il video? È come un microscopio fatto per le cose piccole? 
Quali sono i cineasti preferiti? Quando giri lasci una finestra aperta 
alla vita e al caso? Rossellini non ha forse insegnato a diffidare dei 
professionisti del cinema, di chi riempie di parole d’ordine o di 
immagini preconfezionate o di sceneggiatura di ferro un budget che 
ministeri e mercanti hanno già artatamente rigonfiato?
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| Donatello Fumarola (a destra) con Fulvio Baglivi | 
Se le 
risposte vi interessano, queste sono le domande chiave, le ossessioni 
principali che Donatello Fumarola (giornalista e autore tv) e Alberto 
Momo (architetto/cineasta) e la loro band di amici e colleghi mai 
settaria (nonostante il gran guru adorato di riferimento, Enrico Ghezzi)
 pongono a 50 registi contemporanei oggetti d’affezione, che provengono 
da ogni angolo del pianeta e insieme compongono questo «talismano della 
felicità cinefila».
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| Alberto Momo | 
«Faccio cinema per necessità. Per scoprire, trasformare, pensare contro me stesso», sintetizza per tutti il marginalista carioca Julio Bressane, e continua: «Il cinema attraversa,
 è un organismo intellettuale con una sensibilità eccessiva che trapassa
 tutte le arti, le scienze e la vita». Ora che il cinema entra nei musei
 e nelle gallerie d’arte e che sono i filosofi (Rancière, Nancy, 
Badiou…) a prendere il posto dei critici, vediamo qual è il Pantheon di 
questi «strangolatori di mondo». 
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| Lisandro Alonso | 
Geni intesi alla Carmelo Bene, che 
fanno quel che possono: il contrario dei registi di talento, «che fanno 
quel che vogliono». Si mettono insieme Corman e Bela Tarr, Tarantino e 
Straub, Hellman e Naomi Kawase, Lav Diaz e Tsukamoto, Naderi e Sokurov… 
Ma aspettiamo i prossimi volumi (sono 200 le interviste realizzate), o 
magari che Cameron, Carpenter, Eastwood, Elia Suleiman e Kim Ki-duk si 
rendano disponibili.
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| Tonino De Bernardi e Enrico Ghezzi | 
Interfaccia tra il pubblico ribelle e non riconciliato e il cineasta amateur
 che crea mondi o è il dissolutore di questo, Fumarola e Momo, 
appassionati e affiatati, attivi e vagabondi, vanno a cercare «dove 
ribolle ancora qualcosa di incandescente», nei generi codificati o 
postmodernizzati o al di là. Inseguono, esplorano, ibridano, 
raggruppano, collezionano così gli autori senza A maiuscola (chi per lo 
più scrive, dirige e monta il suo film) che lavorano tra ciò che sanno e
 ciò che ignorano, tra la leggerezza dell’equilibrista e l’inesorabile 
legge di Gravity. Cadere nel sovrumano e librarsi nel subumano.
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| Roger Corman | 
La
 mappa non registra le foreste della semplificazione sociologica e le 
valli dell’ineffabilità artistica. E a chi rimprovera la noia 
insopportabile di molto cinema di ricerca (Bela Tarr, Alonso, Sokurov) 
ricordano che, «se il cinema vuole mostrare le cose, deve suggerirle. E 
la cosa viene dopo, come un regalo del caso. Una montagna non si vede, 
ma dopo mesi, anni di osservazione, si scopre» (J.M. Straub). Se no, ve 
li meritate i blockbuster. Costruiti da affaristi che non sanno niente 
di piacere schermico. Anzi che, come diceva Bob Aldrich, «sanno 
esattamente tutto quello che vuole il pubblico. E non glielo danno mai».
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| Alberto Grifi | 
Sono
 circa 37 i tesori da scoprire in questo libro-mappa. «I cineastiche 
reggono sulle loro spalle il cinema», di peso. Se volete catturarli, 
nell’ultimo capitolo del libro Enrico Ghezzi vi condurrà alla meta con 
l’abilità e la velocità di un campione di videogame. Un programma tv, Fuori orario, è infatti spesso il mandante esplicito di queste interviste. Ma anche l’amour fou, la cinefilia, dotata di logica cinefollia. Da tutte le capitali del cinema altro
 arrivano, telepatici come zombie, questi scienziati di ciò che accade 
nell’aria, occhi che vedono ciò che gli altri non avvertono e invece di 
approfittarne sadicamente sanno come rivitalizzare le nostre intossicate
 papille ottiche.
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| Kira Muratova | 
Sconosciuti ai più, «leggende viventi» 
come Ujica, Wiseman, Alonso, Raya Martin, Zilnik, Wai Ka-Fai, vivi in un
 mondo morente, amano la camera digitale hd che li immortalerà. Eccoli 
nelle hall degli alberghi di lusso dove sono ospiti dei festival del 
cinema, di ricerca o meno, complici di quel «crimine» che è l’intervista
 (come diceva Fuller), così simile all’interrogatorio di polizia. Il 
metodo è quello di Warhol, inebriarsi di star. Imprinting non sempre 
possibile: Victor Erice («non siete all’altezza») o Michael Cimino 
(schifato dalla contiguità con Lynch, Ferrara, Tarantino, Brakhage) si 
negano.
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| Lee Kang-sheng | 
Militante è la copertina del libro: con il cineocchio di 
Vertov a scrutarci, come se fosse l’occhio della Luna liberato dal 
missile di Méliès, apertura ambiziosa a un fantascientifico campo/con 
trocampo cosmico. Militante anche l’anima segreta di questa grande carte du tendre,
 geografia emozionale dell’immaginario che mira alla costituzione 
clandestina di un partito internazionalista, ma immateriale, di 
«cineasti amatori» (un tempo li si definiva liberi, underground, 
solitari, indipendenti, autonomi…).
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| Paulo Rocha | 
Evoluzione new global delle 
«Brigate Rossellini» che non aspira, come Glenda Jackson o Beppe Grillo,
 ai seggi in Parlamento. Ognuno potrà scegliere l’itinerario che vuole 
viaggiando tra aneddoti e rivelazioni, massime filosofiche o segreti 
professionali svelati dai cineasti e delle cineaste (poche) di tutto il 
mondo (Africa no) preferiti.
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| Monte Hellman | 
Questi total filmaker sperimentali o hollywoodiani, entristi nell’industria o programmaticamente «fuori», quasi tutti autori,
 nessun attore, sono delle superstar estremamente speciali. Per sapere 
cosa succede in Iran o nelle Filippine meglio parlare con Makhmalbaf o 
Lav Diaz che con i leader politici. Parafrasando il drammaturgo e 
regista teatrale Andre Gregory, «businessmen e politici dovrebbero 
ascoltare con molta attenzione i cineasti, non usarli». E se avvenisse, 
finalmente, il contrario?
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| Julio Bressane | 
Dal nuovo numero di alfabeta2 in edicola e in libreria in questi giorni
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| Manoel de Oliviera | 
 
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