mercoledì 13 maggio 2020

Savelli, la "nostra" casa editrice








di Roberto Silvestri 


Per Giulio Savelli (27 settembre 1941- 12 maggio 2020)

E’ stato il mio primo editore, Savelli. O meglio. E' stato l’editore che per primo ha interpretato la novità culturale anti-establishment dell’Estate Romana di Renato Nicolini.
E ha chiesto alla Cooperativa Massenzio che l’organizzava (prima alla Basilica di Massenzio, poi al Colosseo, poi a Caracalla…) di trasformare in libri effimeri, in libri-gioco, in libri-quiz, sul cinema, sulla cronaca nera, sulla cronaca rosa, sulla televisione, quel doppio gioco dell’immaginario che i megaschermi all’aperto avevano scatenato in termini di desiderio collettivo. Desiderare una città differente attraente e dinamica, dove fosse garantita la libertà di movimento, non solo intellettuale ma ludico o semplicemente fisico (anche prima del Covid 19, come ben sappiamo, non ci si muoveva a Roma) e dove interno ed esterno non fossero separati dalla “linea della povertà”, ma reciprocamente si mischiassero e amalgamassero, proprio come gli spazi “semoventi” di una chiesa barocca, di una facciata borrominiana come di un interno berniniano.
Ma facciamo un salto indietro di 60 anni. Back to the future. 1963…..     


Se Einaudi era l’istituzione culturale centrale e rispettabile, l’equivalente editoriale di Olivetti e di un capitalismo rooseveltiano possibile e consapevole (certo fu un illusione…), Samonà e Savelli, casa editrice romana nata nel 1963 con il boom e le sue disfunzioni tragiche, fu il primo punto di riferimento extraparlamentare della sinistra critica e della controcultura tutta.
Per capirsi in modo cinefilo: se la mega storia del cinema di Georges Sadoul in tanti costosissimi volumi era necessariamente griffata Einaudi, i primi libretti sulfurei sul cinema africano o i fumetti porno che facevano la satira della Hollywood più puritana o i densi saggioni di Pio Baldelli contro il cinema di papà, contro Fellini, Antonioni e Visconti, non potevano che essere “Savelli”.


Molto vicina nello spirito (anche se Savelli era iscritto al Pci) fu la casa editrice romana al neonato Psiup (Partito socialista di unità proletaria) di Basso, Foa, Lussu, Libertini e Ferraris. Il Psiup era la costola di sinistra, ma più che libertaria pluristratificata, a più teste, come l’idra di Lerna, staccatasi dal Psi di Pietro Nenni quando si arrivò al primo governo con la Dc, dunque al riuscito compromesso storico tra componente laica e religiosa dell’arco costituzionale riformista. Era più a sinistra del Pci, il che non era facile da digerire alle Botteghe Oscure.

Samonà e Savelli avrebbe scodellato parallelamente, in piccoli libretti rossi molto vistosi, a basso costo e maneggevoli (facilissimi ci dissero, ad essere presi in prestito) i testi del comunismo eretico e terzomondista, di Trotszy, Castro, Che Guevara, di Socialisme ou Barbarie e dei teorici della IV Internazionale, da Livio Maitan, direttore della rivista “Bandiera Rossa”, a Ernest Mandel, Pierre Frank, Viktor Serge.
Dal punto di vista culturale fu molto importante e scandalosa nel 1964 la pubblicazione di ‘Scrittori e popolo’ dello storico e critico della letteratura anti zdanoviano Alberto Asor Rosa, il professore della Sapienza che svelava il ruolo reazionario di molti romanzieri “impegnati” (a sfruttare le sofferenze dei poveri) e ci metteva definitivamente in guardia dal verismo, dal naturalismo, dal ‘realismo socialista’ e dal populismo, travestimenti del paternalismo cristiano o laico, indifferente all’analisi, interpretazione e soluzione dei nostri più secolari e complessi problemi.

Pasolini (che nel libro non era ignorato) in quegli anni chiamava leader, militanti, simpatizzanti e votanti del Psiup (compreso Asor Rosa:  tutto il 68 italiano, non anarchico, votò Psiup) “stalinisti beat”,  perché pretendevano che gli artisti fossero altrettanto “rivoluzionari” dei politici, incapaci di liberare (come auspicava in quegli anni il Pci di Togliatti) la cultura da ogni legame con la politica. E, conseguentemente, Pasolini criticava le forme più rivoluzionarie dell’epoca: l’astrattismo in pittura, i postdodecafonici in musica e i ‘novissimi’ in letteratura, considerando il Gruppo ’63 di Balestrini e Sanguineti, Luigi Nono e perfino Afro funzionali ai disegni della nuova borghesia neocapitalistica e del proletariato imborghesito, e incapaci di comunicare con i ‘dannati della terra’. Quel che lui cercava era un altro “impegno”. Non avrebbe cambiato idea nemmeno quando divenne direttore responsabile di Lotta Continua.         
Il punto di riferimento romano della cultura antagonista alla metà degli anni 60 (celebri gli happening che vi si svolgevano e coinvolgevano artisti di tutto il mondo in una Capitale allora particolarmente attraente, Grifi e Curran ne aizzarono uno, un altro fu: “Dipingi il tuo poliziotto di giallo”) era la libreria Feltrinelli di via del Babuino, che nella sua vetrina principale scodellava proprio questi libelli rossi esplosivi Samonà e Savelli anche perché nella capitale la componente anti stalinista ed entrista del Pci era stata molto forte, a testimonianza di una egemonia postbellica trotskista, poi epurata nei quadri e nelle idee da Togliatti, dopo il XX congresso kruscioviano del Pcus. Nelle università e nei licei i leader trotskisti erano molto seguiti, come Franco Russo a Lettere e, al Mamiani, o Stefano Poscia (morto molto giovane, a 57 anni nel 2010, dopo assere stato anche molto perseguitato)….

Nel sessantotto, assieme alla milanese Mazzotta, alla veronese Bertani alla barese De Donato e all’emiliana Guaraldi, Samonà e Savelli rappresentò la quinta punta della stella editoriale anti-istituzionale, che assieme alla Feltrinelli di Gian Giacomo tradusse e socializzò i testi più importanti del movimento comunista internazionale non ortodosso, a lungo osteggiati e ‘censurati’. Nel 1969 di  Jacek Kuroń e Karol Modzelewski, uscì Il marxismo polacco all'opposizione, e molto prima di Solidarnosc. Dal 1972 l’Agenda Rossa che scodellò date fondamentali e rimosse dell’insorgenza anti capitalistica mondiale. E nel 1975 Proletari senza rivoluzione in due volumi, contro storia d’Italia di Renzo Del Carria che spero sia presto adottata nelle scuole medie come libro di testo. Giuliana Muscio scrive un saggio sugli sceneggiatori americani e il futuro regista Claver Salizzato sul musical hollywoodiano perché anche se i film delle majors dominano sul mercato mondiale a nessuno è ancora venuto in mente in Italia di studiarli attentamente. Le biblioteche dei militanti e simpatizzanti di Potere Operaio, Il Manifesto, Lotta Continua, Avanguardia Operai e Servire il Popolo (un po’ meno) sono ancora piene di tutti questi preziosi volumi.
Ma intento proprio nel 1968 era uscito dalla società editrice Giuseppe Paolo Samonà ed era entrato Dino Audino (oggi editore specializzato in testi professionali di cinema e teatro, una persona esageratamente parsimoniosa) che avrebbe allineato il cuore della casa editrice piuttosto verso l’area giovanile meno “aristocratica” e elitaria, cioè verso Lotta Continua, la triade controculturale “sesso droga e rock’n’roll”, il primo femminismo, il fronte di liberazione omosessuale, la giovane critica e i narratori “selvaggi”..

La casa editrice cambiò nome, Savelli-La Nuova Sinistra, e iniziò a debordare dalla libellistica politica dogmatico-trotskista verso territori culturali più vasti e politici ancor più radicali. Il fumetto, la canzone popolare, il cinema, Porci con le ali che poi diventa film e trasforma il cantautore Paolo Pietrangeli in regista come suo padre Antonio, e i giovani scrittori della collana “Il pane e le rose”, con le copertine color pastello disegnate dall’artista Pablo Echaurren.  Ecco anche Ombre rosse, rivista nata nel 1967 e diretta da Goffredo Fofi, dove scrivono Rondolino, Tinazzi, Baldelli, Arlorio, Volpi, Gobetti, piuttosto terzomondista e “positifista” che assieme a Filmcritica e Cinema e Film (più spostati verso i Cahiers du cinema) trattano l’aristarchiana Cinema Nuovo come faceva Mario Tronti con Secchia e Scoccimarro. 
  

Sulla rivista mensile che Savelli editava, ‘La Sinistra’, il professore di filosofia Lucio Colletti spiegò come era semplice per tutti fabbricare le bottiglie molotov (molto dopo sarebbe diventato un berlusconiano, dunque rimase coerentemente “devastante”). Savelli così viene espulso finalmente dal PCI. Ma nel 1970 arrivò il suo più grande successo politico-editoriale della sua (e nostra) storia, La strage è di stato (che chiarì definitivamente cosa successe a Milano in piazza Fantana, che Valpreda era innocente e Restivo-Rumor-Andreotti no). Il libro ebbe uno straordinario successo. Nonostante quella Rai e quei mass-media. Ancora non riesco a capire come ha fatto Pietro Valpreda a non essere eletto al parlamento. Prima o poi dal Viminale qualcosa uscirà di certo. In punta di morte, forse qualche usciere …  
                 

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