venerdì 20 ottobre 2017

Le "donne cattive" vengono da lontano. E' l'ora delle Nasty Women

Louise Brooks in "Now We're in the Air
Le “donne cattive” invadono le prime pagine con il caso Weinstein, “donne odiose” che osano infrangere l'equilibrio del potere e del mercato. Sono le “Nasty Women” provenienti dal cinema muto e che hanno messo a soqquadro non solo Hollywood, e continuano a farlo contro l'America di Trump.
Un ricordo dalle Giornate del cinema muto.

Mariuccia Ciotta

Da quando Trump ha etichettato Hillary Clinton come 'nasty woman' (donna odiosa, ndr), l'espressione è diventata un termine onorifico per qualunque donna”. Così il direttore delle Giornate del cinema muto, Jay Weissberg, inaugurava l'edizione n. 36 (30 settembre-7 ottobre) più che mai dentro il mondo sonoro, e non solo per lo stupendo accompagnamento musicale dei film, ma soprattutto per la sintonia con il presente, a cominciare dall'eco delle guerre nella sezione a cura di Sergio G. Germani dedicata ai documentari sulle imprese coloniali in Libia di Luca Comerio, che mostra fotogrammi piangenti con i mucchi di cadaveri del “nemico arabo” e le “entusiastiche” scorribande dell'esercito italiano, dei feroci ascari eritrei, dello “squadrone bianco” della cavalleria (impegnato, a colori, in una traversata fluviale non poco imbarazzante e perfino umoristica), del genio e dell'artiglieria. Materiali “rimodellati” e restituiti all'attualità, anni fa, da Gianikian/Ricci Lucchi in Dal Polo all'Equatore.
In programma anche il precursore, o l'antagonista, di quel “cinema del reale” oggi al centro dell'interesse cinefilo, quello saggistico-etnografico delle origini, filone Lumière, nelle sezioni “Africa silenziosa in Norvegia” e “Film di viaggio sovietici” che, soprattutto in quest'ultimo caso, lascia poco spazio alla flagranza del profilmico o all'autore che guarda, già sostituendolo con l'autore che “si guarda” e alla astrazione concettuale. Abbiamo compiuto infatti con Alexander Litvinov (specialista in film polizieschi azeri) un viaggio impertinente, ma etno-geografico, nella Siberia del popolo Udege, argomento del film non fiction Lesniye Liudi (Urss 1928), ovvero Il Popolo della foresta, proprio lì dove Dersu Uzula ci condurrà decenni dopo negli Ussuri in compagnia di Akira Kurosawa. Sembra di penetrare, anche grazie alla complicità di un esploratore, topografo, geografo come Vladimir Arsenyev (che proprio attraverso Dersu fu introdotto in quella comunità) nella vita e nelle opere di una tribù nativa simile a quelle della non lontana America. E come quelle cancellata nei suoi tratti migliori.
Costruzione sostenibile delle canoe, caccia e pesca non chimica, tende ecosostenibili, comunismo da caccia, sciamani e droghe e estasi di ogni tipo, grande scienza della natura e dei suoi segreti più intimi, ma anche pericolose arretratezze scolastico-sanitare saranno cancellate in nome di una più egualitaria forma di progresso agricolo-sedentario e del socialismo da costruire in un solo paese (e il regista ci fa capire, un po' alla Kropotkin, il principe anarchico che fu geografo negli stessi luoghi, che i paesi dell'Urss sfortunatamente per Stalin sono molti più di uno) che non valorizzerà anzi smorzerà l'energia dal basso dei popoli insorti.
In fatto di flagranza storica, però, a catalizzare l'attenzione sono state le Nasty Women, le ragazze cattive degli anni Dieci, parenti strette delle Funny Girl, declinate in tre programmi di corti targati Usa e Francia, ma dilaganti fuori sezione e in presenza di notevoli star italiane come Anna Fougez, tarantina, che dietro i magnifici abiti fruscianti (realizzati da lei stessa) nasconde l'innocenza ruvida di una pastorella in Fiore selvaggio di Gustavo Serena, 1921, unico titolo sopravvissuto della sua ampia filmografia e del quale è anche sceneggiatrice.
E ancora un'altra diva del muto dall'Italia, Leda Gys, quasi gemella di Clara Bow, bruna elettrica e monellesca in La trappola di Eugenio Perego, 1922, dove si traveste da gladiatore, da pellerossa e da sciantosa per vendicarsi di una capricciosa prima donna, e mette in scena una grandiosa burla a danno delle suore di un collegio in cui è intrappolata. La bionda longilinea Fougez e la bruna esplosiva Gys, che sarà moglie del produttore Gustavo Lombardo (suo figlio Goffredo fonderà la Titanus) e prima ancora amante di Trilussa, testimoniano la sorprendente modernità delle protagoniste del nostro cinema anni Venti, la loro centralità di sguardo, la fluidità gender difficile da ritrovare sugli schermi di oggi.
Da includere nelle “nasty” allegre anche la Louise Brooks degli esordi a Hollywood in un film ritrovato in parte, 23', dallo storico e presidente del Silent Film Festival, Robert Byrne, Now we're in the air di Frank R. Strayer, 1927, farsa bellica, prima guerra mondiale con Wallace Beery, dove l'attrice del Kansas ha già lo stile della futura Lulu, capelli alla maschietta, pelle bianca e abito nero da ballerina, solo che qui, nella sua breve apparizione, assomiglia a una fatina splendente caduta tra una squadra di rudi aviatori e non la seduttrice mortale di Pabst.
E' “cattiva”, sempre come complimento, Pola Negri, che sarà femme fatale hollywoodiana (lei era polacca), in La tessera gialla, girato in Germania nel 1918 da Victor Janson e Eugen Illés. Cupo e stupefacente documento della Varsavia ancora occupata dai tedeschi, prima guerra mondiale, sul set che diventerà il temibile Ghetto. E poi a San Pietroburgo, dentro l'antisemitismo della Russia zarista che non consentiva agli ebrei di alloggiare in città, a meno che, succede al personaggio di Pola Negri, non si richiedesse la “tessera gialla”, marchio delle donne di malaffare, parente della stella gialla nazista. Così lei inganna, scambia l'identità con una morta, tenta il suicidio e si finge un'altra per accedere all'università, che la premierà, come studentessa modello.
Tutt'altro ritmo per l'impertinente Ruth Dwyer di The Reckless Age di Harry Pollard, 1924, dove nelle vesti di un'ereditiera innesta una commedia degli equivoci esilarante, con un falso duca, interpretato da William Audtin, sosia di John Waters. Per tornare alle autentiche Nasty Women, ecco la numero uno francese, Léontine, che cambia nome a seconda del paese dove viene esportata con le sue 21 slapstick comedy travolgenti (molte delle quali purtroppo perdute). La peste adolescente è insaccata in abiti a quadretti tipici delle brave ragazze alla Mary Pickford, anche se è una fabbrica di scherzi disastrosi, un pericolo pubblico capace di allagare appartamenti, dare fuoco a tendaggi, distruggere negozi di vasellame, e far ruzzolare folle di inseguitori con la sua tecnica della corda tesa. Léontine è certo più vicino a certe Funny Girl americane che sfidavano le comiche di Mack Sennett o alle acrobazie di Harold Lloyd. Donne che nella loro frenesia distruttiva ancora non fanno paura agli uomini perché collocate in un'età pre-adolescenziale, oppure semplicemente buffe e goffe. Gli anni Quaranta, però, preparano il dopo Nasty Women. Le Dark Lady. E avranno la pistola.

L'articolo è stato pubblicato da Alfabeta 2 il 5 ottobre 2017

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