Mariuccia Ciotta
VENEZIA
Fuori concorso ma in vetta alla 73ma
Mostra di Venezia, Hacksaw Ridge diretto da Mel Gibson con un
cast tutto australiano, a parte il protagonista, Andrew Garfield, già
allenato ad arrampicarsi sulle pareti nelle vesti dell'Uomo ragno,
e qui sulle corde intrecciate di una scala che porta all'inferno di
Okinawa nelle vesti di Desmond Doss, il primo soldato disarmato della
storia a meritarsi la medaglia d'onore del Congresso.
Il sangue piace all'attore-regista di
Braveheart e La passione di Cristo, autopsia di
fotogrammi aperti, vene sanguinanti e arterie che schizzano l'essenza
umana, liquami e materia cerebrale, pance sventrate, arti mozzati...
Seconda guerra mondiale. Eppure Gibson fa ricorso al Mago di Oz,
al suo incanto, per
raccontare la storia vera di Desmond Doss, avventista del settimo
giorno, che si arruolò con la promessa di non toccare il fucile e
per questo finì sotto corte marziale, prima di ottenere il ruolo di
“soccorritore militare” tra il disprezzo, e i pugni, dei
commilitoni.
Sotto il cielo radiante dell'isola
giapponese, i fantasmi ballano insieme ai caduti di Iwo Jima, ai
quali Clint Eastwood ha reso omaggio, dalla parte dei “musi gialli”
con le sue lettere zeppe di lacrime, e che Mel Gibson, a sorpresa,
fa salvare dal suo supereroe non da fumetto. Oltre ai suoi compagni,
Doss soccorse anche due nemici.
L'incrocio con Salvate il soldato
Ryan è non tanto nella carneficina, scrupolosamente documentata
da Gibson, ma nella luce calda del fuori campo (di battaglia),
nell'America di F.D. Roosevelt con le sue promesse oltre la Grande
Crisi di casette color pastello, girl e boy biondi, e paesaggi aperti
come la Virginia di Desmod Doss. Non si uscì dalla Depressione
grazie alla “guerra giusta”, come si racconta, e lo vediamo
attraverso gli occhi di un ragazzo obiettore di coscienza, che il
sabato, anche sul fronte, non “lavorava” (“ma i giapponesi sì”)
e che si rifiutò di uccidere. Il New Deal finì lì. Dorothy non
tornò mai più nel Kansas. Gibson lo sa e dispiega l'assurdo.
Entrare in guerra senza sparare un colpo, combattere il “demonio”
senza mai assomigliargli.
In una cittadina gioiosa dai cromatismi
brillanti, Desmond bambino quasi spacca la testa per gioco con un
mattone al fratello, quasi spara con la pistola al padre (Hugo
Weaving, Matrix) alcolizzato, violento ma buono, sotto shock
per la Grande guerra, e, innamorato dell'infermiera che non può che
chiamarsi Dorothy (Teresa Palmer, Lights Out) entra
nell'esercito per “servire la patria”, ma senza il rischio di far
male a qualcuno. Il film segue il canone del genere con il sergente
grintoso (Vince Vaugh) “signorsìsignore” di Full Metal
Jacket nella versione scanzonata di Heartbreak Ridge e
racconta di come il “codardo” finì per salvare 75 feriti dalle
baionette del nemico, calando uno a uno i soldati con una corda a
cappio in una notte, stringendo la bibbia al petto, giù per il
dirupo fino alla postazione della 77ma divisione di fanteria, mentre
i giapponesi infuriavano tra i cadaveri alla ricerca dei
sopravvissuti.
Gibson fa fuoco e fiamme in un
parossismo che diventa irreale, su un terreno cosparso di umanità,
in controluce stroboscopica e ritaglia nel buio la faccia di Andrew
Garfield, posseduto da una forza sovrumana, non fanatico religioso né
pacifista integrale, soltanto “soccorritore”. Desmond sfilerà
tra le ali di un esercito sfinito, i compagni anneriti dalle bombe,
come un angelo. Forse anche in memoria del padre del regista che si
trasferì dallo stato di New York in Australia per evitare ai figli
la guerra (neanche “giusta”) in Vietnam. Sui titoli dei coda di
uno dei film più belli visto al Lido, il vero Desmond Doss ci dice
che davvero chiedeva a dio di trovarne “ancora uno” di quei corpi
maciullati e ancora vivi.
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