I funerali di Carlo Mazzacurati si terranno in forma strettamente privata in Toscana.
A Padova Carlo Mazzacurati sarà nella casa di Medici con l'Africa Cuamm per ricevere il saluto e l'abbraccio di quanti l'hanno conosciuto e amato, sabato 25 gennaio in via San Francesco 126, con apertura dalle ore 9 alle ore 18.
Al termine, alle ore 18.00 si terrà un breve momento di preghiera e ricordo. Non sono ammesse riprese e foto.
Marina ed Emilia Mazzacurati
A Padova Carlo Mazzacurati sarà nella casa di Medici con l'Africa Cuamm per ricevere il saluto e l'abbraccio di quanti l'hanno conosciuto e amato, sabato 25 gennaio in via San Francesco 126, con apertura dalle ore 9 alle ore 18.
Al termine, alle ore 18.00 si terrà un breve momento di preghiera e ricordo. Non sono ammesse riprese e foto.
Marina ed Emilia Mazzacurati
Carlo Mazzacurati |
di Roberto Silvestri
57 anni. Cineasta e studioso di cinema. Sceneggiatore, regista, attore. Cineclubbista e presidente della Fondazione Cineteca di Bologna, dopo la scomparsa di Giuseppe Bertolucci. Ha diretto una dozzina di film a soggetto fuori schema, quasi tutti girati tra Padova e il delta del Po. E anche documentari di bruciante passione politica, come L'unico paese al mondo, contro Berlusconi, e subito, nel 1994. O Medici con l'Africa, del 2010.
Giulia Boschi in Notte italiana |
Né solo drammi né solo
commedie, ma opere libere e avvincenti architetture emozionali, contaminanti
generi e performance d’attore mai scolastiche, sulla base di una complessa
tessitura visuale e di scrittura e di una conoscenza profonda e mai manichea di
un territorio: il ‘nordest’, set, maliconicamente amato e criticato, della
maggior parte delle sue avventure cinematografiche. Sono sempre solitari, spaesati e fatalmente
perdenti i suoi eroi, mai preda di facili scorciatoie esistenziali e sempre
costretti alla lotta per la sopravvivenza. Uomini e donne ‘senza qualità’,
capaci però di superare crisi economica e miseria antropologica ritrovando in
loro stessi tesori sepolti. Al suo fianco, nella scrittura, a giocare spesso coi classici (Calvino, Cassola, Parise...) anche Contarello, Rulli, Petraglia. Due ruba luci come Alessandro Pesci e Luca Bigazzi che di quelle atmosfere conoscono perfettamente ogni alchimia cromatica. E quel gruppo di attori, mattatori del mezzo tono, che incarnavano la concezione mazzacuratiana del mondo, Roberto Citran, su tutti, e poi Silvio Orlando, Paola Cortellesi, Marco Messeri, Fabrizio Bentivoglio, Maya Sansa, Stefano Accorsi, Monica Scattini....
Stefano Accorsi e Maya Sansa in L'amore ritrovato |
Una malattia gravissima (dicono i giornali senza specificare), ha
sconfitto poche ore fa il regista di Vesna
va veloce, Il toro, Il prete bello, Un'altra vita, La giusta distanza, La passione e di altri
classici del ‘rinascimento italiano’ . Di quel cinema di ricerca che, dopo la
rottura e l’anarchia dei linguaggi degli anni settanta, ha cercato di ritessere
i fili con il passato, realista e neorealista soprattutto, ma anche
zavattinianamente surrealista morbido, raccontando i cambiamenti traumatici del
nostro paese, senza rifugiarsi nella torre d’avorio dello stile calligrafico,
con onestà, rispetto del grande pubblico e cercando armonie e melodie
altre, che non fossero manipolazioni di sentimenti e effettistica
prefabbricata. In questo la lezione di Italo Calvino è stata fondamentale. Dalle Lezioni americane ha cercato di travasare al cinema, per esempio in Qualcosa accadrà, il copione scritto per Daniele Luchetti, il metodo compositivo, caratterizzato da: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, consistency... E qualcosa di calvinianamente medievale, da cavaliere inesistente, visconte dimezzato o barone rampante, possedeva nel fisico, invisibilmente massiccio, delicatamente forte.
Angelo Pasquini, sceneggiatore |
Se Carlo Mazzacurati fosse
stato tra gli interpreti dell’ Armata
Brancaleone avrebbe interpretato infatti con maestria il ruolo del crociato veneto,
fiero del suo accento padovano, dei lunghi capelli biondi e del suo grande
corpo da combattente mistico e barbaro.
Franco Bernini, sceneggiatore |
Figlio di un ingegnere,
veniva dalla militanza liceale in Potere Operaio, dalle lotte nelle scuole e
nelle fabbriche, e aveva imparato il cinema a scuola di Piero Tortolina, un
collezionista raffinato e un finissimo conoscitore del cinema classico e
moderno, le cui letture trasversali permettevano ai frequentatori di Cinema
Uno, il club che Tortolina aveva fondato nei primi anni 70, di leggere e
collegare senza difficoltà Hollywood, le nouvelle vagues e i movimenti sociali,
indocili alle strette repressive e autoritarie, piuttosto paurose anche in quel
decennio.
Roberto Citran, Il toro |
Sapeva urlare. Sapeva anche
gridare, Carlo, anche se di solito maneggiava con maggiore destrezza le armi
della gentilezza e dell’ironia. E lo fece anche quando, assieme a Enzo
Monteleone, un altro futuro cineasta padovano della stessa generazione, e a un
gruppo di tesserati impazienti e più adulti, misero in minoranza Tortolina a
Cinema Uno e se ne impadronirono, in nome del Movimento, bisognoso di opere
più barricadiere delle slapstick comedy di Hawks che fiancheggiassero la rivoluzione in
arrivo, e scavalcando il maestro, perplesso, a sinistra.
Giuseppe Battiston |
Nel 1979, dopo la rivoluzione
fallita, il suo passaggio al cinema, nel cortometraggio Il vagabondo, un noir di provincia molto dark, come fosse un
piccolo Ossessione, di nuovo
rispettoso di Tortolina (che ne interpretò, perfettamente, il ruolo di villain). Lo realizza grazie a fondi
ricevuti in eredità e a un piccolo finanziamento pubblico. Ministro del turismo
e dello spettacolo era allora un politico dc piuttosto bigotto, Bernardo
D’Arezzo, un bersaglio prediletto di Carmelo Bene. Ma a quel corto suggestivo e originale,
già meditabondo sulle scorciatoie leghiste a venire, diretto poi con mano esperta, nessuno poteva dire di no.
Carlo Mazzacurati |
Mi piace dunque immaginarlo
dunque lì dentro quell’Armata piena di ideali e di onestà amatoriale, al
fianco di Gassman, anche se il suo esordio nella regia di un lungometraggio lo
dovrà poi proprio al nemico pubblico numero uno di Mario Monicelli e al rottamatore della
commedia italiana consolatoria. Nanni Moretti inaugurò la Sacher nel 1987
proprio con un soggetto di Mazzacurati –
che era stato tra i primi laureati in letteratura al Dams di Bologna, dipartimento cinema - Notte
italiana, a cui affidò
coraggiosamente anche la regia.
Marco Messeri |
Colto e originale
sceneggiatore anche televisivo, collaboratore di altri reduci dal movimento
studentesco, Angelo Pasquini e Franco Bernini (scrive anche Marrakesch
Express, per Gabriele Salvatores), per il cinema Mazzacurati firmerà 12
lungometraggi, molti documentari soprattutto di argomento letterario (le
monografie dedicate agli scrittori a lui più cari, Meneghello, Rigoni Stern,
Zanzotto), vincendo il premio speciale della giuria alla Mostra di Venezia del
1994 per Il toro. Fu anche un ottimo attore, come ogni buon
regista deve essere (parola di Welles e di Jerry Lewis) e per ben quattro volte
con Nanni Moretti.
Carlo Mazzacurati, Silvio Orlando, La Passione |
Il festival di Torino diretto
da Virzì gli aveva appena tributato un grande omaggio, attribuendogli il gran
premio città di Torino, nel novembre scorso e presentando il suo ultimo
lungometraggio, ancora inedito, La sedia
della felicità, una caccia al tesoro attraverso un nordest abitato da una
bizzarra umanità, banditi, cinghiali, estetiste in bolletta, tatuatori, maghi e
immancabili cinesi, anche qui un impasto tra commedia crazy e film
sentimentale.
Infine un ricordo personale,
da amico di Carlo. In Caro diario a
Carlo Mazzacurati viene affidato il ruolo di un critico cinemtografico che avendo
convinto Nanni Moretti a vedere Henry
pioggia di sangue dalle pagine di un
quotidiano per altro prestigioso e serio deve pentirsi del misfatti. E
piangere, disperato, ascoltando le mille altre sciocchezze che ha scritto
recensendo film per il manifesto. Il lavoro di Nanni Moretti di ricostruzione
della scrittura manifesto è un frammento di alta filologia, ironia e comicità. Siamo
rimasti tutti a bocca aperta, da Giuseppe Salza (il fan di McNaughton, recensore
di Henry pioggia di sangue, e scopritore poi come membro del comitato di selezione della Semaine di Cannes di Amores perros di Inarritu) a Mariuccia Ciotta, Fernanda Moneta, io e altri "citati". Che lettore
implacabile delle nostre recensioni, Nanni! E che momento di estasi
narcisistica vedersi sbeffeggiati con tanta simpatia.
Decontestualizzare le frasi dal contesto,
con il metodo cut up di Burroughs, migliorava le nostre recensioni e contagiava
anche i lati più estremisti, oscuri e underground di Moretti. E di Carlo, amante
del cinema classico e moderno, di Lubitsch e Godard, di Marker e Grifi, ma che aveva dovuto uccidere
tutti i suoi padri per diventare un regista a sé, un racconta-immagini che ci
mancherà tanto.
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