venerdì 31 gennaio 2014

"Saving Mr. Banks". Walt Disney, un tabù cinematografico e non solo


Mariuccia Ciotta

E' al centro dell'attenzione, e intorno a lui si catalizza la memoria, spesso smemorata, della storia, non solo cinematografica. Il nome di Walt Disney affolla schermi e giornali in un revival trasversale sull'artista che ha lasciato in eredità un immaginario persistente, di cui molti sono debitori. “Tutto deriva da Disney. Noi non abbiamo mai fatto nulla. Tutto era già stato inventato da Walt Disney” diceva Frank Tashlin, scrittore, cartoonist, sceneggiatore, regista di Jerry Lewis.
Un bel target per vendere prodotti materiali e immateriali, e mettersi in luce (riflessa).
Walt Disney, il “commerciante della fantasia”, è richiamato in vita sul mercato di persone e cose. Il merchandising della major fa leva su brutti cartoon (Cars2, Planes, The Brave, Frozen...) targati Pixar/Disney, Meryl Streep va in prima pagina per le dichiarazioni sul “lato oscuro” del papà di Mickey Mouse, e la pronipote Abigail Disney le dà ragione su facebook con conseguente visibilità internazionale per il suo “coraggio” anti-famigliare.

Anche il cinema si ricorda all'improvviso di Walt, su cui non è mai stato prodotto un biopic, a parte quello “domestico” di Diane Disney Miller. La major in più di quarant'anni non ha mai affrontato la vita e l'opera del suo fondatore per evitare il rischio di rompere l'immagine stereotipata di “zio Walt”, l'oca della uova d'oro.
In uscita il 10 febbraio, tenuta in sala tre giorni nel circuito The Space Cinema, Walt Disney e l'Italia – Una storia d'amore, scritto e diretto da Marco Spagnoli, prodotto da The W.D. Company Italia. Preludio a Savings Mr. Banks di John Lee Hancock (uscita, 20 febbraio), sulla scia del “caso Meryl Streep”, e delle sue esternazioni anti-disneyani alla consegna del premio a Emma Thompson, protagonista del film su Mary Poppins.
Julie Andrews in "Mary Poppins"

Il filo della “storia d'amore” intesse materiali di repertorio e interviste a personaggi dello spettacolo sui rapporti di Walt con l'Italia. Ottima scelta. Ma i filmati d'epoca sono scarsi, molti già visti e rinunciano ad affrontare il perché dei viaggi di Disney nell'Italia fascista, viaggi che alimentarono le polemiche sul Walt di destra, presunto simpatizzante di Mussolini.
Il documentario - narrato fuori campo del mitico Vincenzo Paperica, ovvero Mollica – mostra i fotogrammi dell'ingresso a Cinecittà di Walt e della moglie Lilly, accanto a Luigi Freddi, responsabile della politica cinematografica del regime nonché fondatore di Cinecittà.
E' il 1935, Walt e Lilly sono in vacanza in l'Europa per festeggiare il decimo anniversario di matrimonio. La coppia attraversa Inghilterra, Francia, Svizzera, Olanda e Italia. A Roma viene accolta da grandi festeggiamenti per via della popolarità di Topolino (il primo fumetto italiano esce nel '32) e ricevuta dalle autorità di un'Italia ancora senza la faccia truce (“L'Italia di Mussolini era tenuta in buona considerazione negli anni Venti e nei primi anni Trenta”. J.B. Kaufman storico del cinema).
Manifesto del documentario scritto e diretto da Marco Spagnoli

La figlia Diane Disney, che allora aveva solo due anni, mi ha riferito i ricordi della madre, secondo la quale lei e il marito non incontrarono Mussolini ma Galeazzo Ciano, genero del Duce, all'epoca ministro del Minculpop (ministero della cultura popolare) che sarà giustiziato dal regime fascista per alto tradimento l'11 gennaio 1944.
Qualche anno dopo, Lilly dirà a Diane di Ciano e dei suoi uomini: “E noi che avevamo pensato che fossero così gentili!”.

Il secondo viaggio di Disney in Italia è datato 8 agosto 1938, giorno in cui la 6a Mostra di Venezia conferisce a Biancaneve e i sette nani il Grande trofeo d'arte della Biennale. In quell'occasione Walt conosce Leni Riefenstahl, anche lei premiata dalla Mostra con la Coppa Mussolini per Olympia. Un mese dopo, il 18 settembre, saranno promulgate le leggi razziali. E negli anni successivi Disney realizzerà i cortometraggi d'animazione contro Mussolini, Hitler e Hirohito.

Tutto questo sarà sembrato superfluo e poco glamour per la Disney Company Italia che ha virato verso le dichiarazioni di esponenti dello spettacolo “innamorati” dell'artista di Chicago, Enrico Brignano, Fausto Brizzi, Fabiana Giacomotti, Lillo & Greg, Micaela Ramazzotti, Riccardo Scamarcio, Elio Fiorucci, Luca Ward, Edoardo Bennato etc.

Il documentario si concentra sui fumetti di Topolino, che, come si sa, non sono opera di Walt Disney, ma strisce popolate di personaggi nati dalla matita di disegnatori italiani, innanzitutto Romano Scarpa. In Usa a infoltire il pantheon topolinesco era stato Carl Barks. Mentre Disney, divoratore di libri e arte europei, ha in comune con l'Italia il burattino di Collodi (Pinocchio, 1939), e molto altro, architettura, pittura, musica, da Piranesi a Ponchielli.

A parte il celebre, godibile incontro di Mollica con Fellini, il documentario ci offre una copia malridotta dell'intervista, anche questa celebre, raccolta da Ettore della Giovanna nel '65 (si toccano anche i viaggi del '51 e del '61), dove la traduzione italiana dell'epoca fa dire a Disney che Biancaneve è del '38 (data di uscita italiana) mentre è del '37. Interessante, invece, lo stralcio dell'incontro del giornalista con Umberto Eco (giovanissimo), Francesco Mander e Gianni Rodari. Fulminante la fotografia di Charlie Chaplin con Walt Disney (legati da un rapporto intenso).

La libertà lasciata al regista dalla Company italiana sembra conforme alle direttive della casa madre, e alla quale Diane Disney Miller si è a lungo ribellata. Nel suo museo-biografia di San Francisco figurano infatti i documenti e le immagini dello sciopero del 1941 agli Studi di Burbank, e i cortometraggi con Paperino anti-fascista e anti-nazista prodotti durante la guerra. Argomenti tabù.
Tom Hanks è Walt Dsiney in "Saving Mr. Banks"

Savings Mr. Banks richiama un altro episodio dell'opera Disney, la difficile e ventennale trattativa con P.L. Travers, autrice australiana trapianta in Inghilterra (aveva anche una casa a New York) per i diritti di Mary Poppins.
La scorbutica signora, interpretata da Emma Thompson, detestava i cartoni animati e darà così il via al capolavoro a tecnica mista del film diretto nel '64 da Robert Stevenson, decano dei titoli live disneyani, tra i quali Zanna gialla ('59), Un professore tra le nuvole ('61), I figli del Capitano Grant ('62).
L'esperienza dei film con attori in carne e ossa era più che consolidata (Pollyanna è del '60) ma in Savings Mr.Banks si dice che per Walt (Tom Hanks) fu la prima volta.
Tanto per aggiungere “emozione”.

Più grave la sostituzione del primo personaggio Oswald the Lucky Rabbit con Mickey Mouse, ma forse l'errore sta nel doppiaggio. Chi conosce in Italia Oswald? La Company italiana certamente sì, e saprà anche che l'episodio dello “scippo” di Oswald da parte del distributore newyorkese Pat Powers ha segnato l'indipendenza creativa e produttiva di Walt Disney.
Inoltre, nel film di John Lee Hancock è completamente trascurato il lavoro di Walt sul copione, i disegni animati, le musiche incantevoli dei fratelli Sherman, la coreorafia, gli attori (scelse l'esordiente Julie Andrews e Dick Van Dyke) di Mary Poppins. Era un artista, non un businessman.

Il film si concentra sulla dispotica P.L. Travers, si direbbe un'acida signorina agé (la scrittrice in realtà aveva un figlio) che Emma Thompson esaspera leziosamente, poco aiutata dalla sceneggiatura che la major ha preferito affidare a due autrici televisive del suo vivaio, Kelly Marcel e Sue Smith, quando Hancock (autore di due film “sportivi”, Un sogno, una vittoria, sul baseball, 2002, e The Blind Size, sul football, 2009) è il magnifico sceneggiatore di A perfect world e di Mezzanotte nel giardino del bene e del male di Clin Eastwood.

Tom Hanks “travestito” da Walt è un personaggio quasi secondario, appare ogni tanto benevole alle prove musicali di Richard (Jason Schwartzman) e Robert (B. J. Novak) Sherman (morto nel 2012), i geniali compositori di Supercalifragilistichespiralidoso, cantato dal “soprano” Julie Andrews. Walt ogni tanto dà una sbirciatina al copione di Don DaGradi (Bradley Whitford) in lotta continua con la scrittrice capricciosa, sprezzante per lo stile hollywoodiano di Burbank, zeppo di dolci gelatinosi e di Pluti e Topolini giganti. Falso, Mary Poppins è un film tutto suo.

L'autista eccentrico Ralph (Paul Giamatti) è più decisivo di Walt nel rapporto con l'insopportabile Travers, che vieta il color rosso, i baffi di Mr. Banks, pretende pinguini veri per il balletto, boccia Dik Van Dyke ed esclude il musical per la sua Mary, la governante volante.
L'andamento da commedia spumeggiante è intercalato da un altro film, l'infanzia di Travers, ancora sotto shock per la morte del padre alcolizzato (Colin Farrell). Interminabili flash-back color seppia, paesaggi di una campagna idillica, melensi quadretti familiari. Ma il segreto del libro si cela proprio lì, nella figura di Travers Goff, tanto amato dalla figlia che ne assumerà il nome. E' lui che bisogna salvare, non i figli di George Banks, il banchiere gelido e perfetto. In una delle più belle scene del film, Hanks/Disney seduce la scrittrice, che per l'ennesima volta si rifiuta di cedere i diritti del suo romanzo, svelandole la genesi psicanalitica di Mary Poppins. Suo padre sarà riabilitato. Aggiusterà l'aquilone lacerato dei suoi bambini, diventerà “umano”.
Così sarà ricordato il primo film su Walt Disney che in una sola “posa” fa intravedere l'estasi, lo stato di trance in cui cadeva l'inventore di mondi durante l'atto creativo.

Mowgli in "Il libro della giungla"
Ps. A proposito di Abigail Disney (figlia di Roy E. Disney, il cui padre era Roy Oliver Disney, fratello di Walt) che ha fatto scalpore per aver approvato le accuse di Meryl Streep.
Il suo argomento chiave a sostegno del Disney “razzista” è Il libro della giungla ('67, l'ultimo film d'animazione supervisionato ma non finito di Walt, che morì nel '66).
Mowgli non è un bianco anglosassone tra gli “orangutan che suonano e cantano come musicisti neri” (Jacqueline Maloney di Harward), ma un indiano dalla pelle scura (così come nel libro di Kipling). Disney lo propone ai bambini americani come eroe nero al tempo delle rivolte dei ghetti black. 

L'orango King Louis in "Il libro della giungla"...


.... e il suo modello italo-americano Louis Prima
L'orango King Louis, indiavolato jazzista non è ispirato a Louis Armstrong, come si è detto, ma a Louis Prima, un jazz singer italo-americano (verere il filmato su You Tube) che ha prestato la voce e il corpo snodabile allo scimmione dal pelo rosso nel cartoon Disney. Le informazioni sono tratte da Multiculturalism and the Mouse – Race and Sex in Disney Entertainment di Douglas Brode, scrittore e docente di cinema alla Syracuse University.


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